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Nei primi pazienti trattati si è rilevata una riduzione del volume dei noduli di circa il 50%, con  punte fino all'80%; in Umbria ne soffrono circa 250mila persone
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Come confermato da Fausto Santeusanio, direttore del reparto di Scienze endocrine e metaboliche «L’Umbria è una regione a carenza di iodio e questo favorisce lo sviluppo di patologie legate alla tiroide, soprattutto nelle giovani donne».
Tali patologie si presentano con noduli che ora vengono, una nuova tecnica ridotti, senza bisogno di intervento chirurgico, dai medici del policlinico di Perugia.
Consiste nell’abbinamento di un laser ad un ecografo ed è destinata a pazienti anziani o ad alto rischio operatorio. È già disponibile presso la struttura dipartimentale Malattie tiroide e paratiroidi dell’ospedale Santa Maria della Misericordia, dove è stato creato un gruppo multidisciplinare regionale presso il Centro oncologico per affrontare la patologia.
La tecnica appena introdotta – ha spiegato Pierpaolo De Feo, responsabile della struttura – consiste nell’applicazione di due o quattro aghi nel nodulo con una sonda che trasmette calore, provocando la distruzione mirata di uno o più noduli.
L’equipe di Deo Feo, che conta anche tre infermieri specializzati, ha finora riscontrato in 15 pazienti una riduzione media mensile del 50 per cento dei noduli, con punte fino all’80 per cento.
In Italia – il 5 per cento circa della popolazione ha un nodulo tiroideo palpabile, ma un altro 20 per cento è portatore di un nodulo rilevabile tramite ecografia.
In Umbria sono circa 250 mila le persone adulte con uno o più noduli tiroidei; di questi, solo il 20 per cento viene sottoposto ad operazione chirurgica, mentre il rimanente 80 per cento viene curato con trattamenti di controllo o di riduzione dei sintomi.
Con la nuova metodologia – è stato detto nel corso della conferenza stampa di presentazione- sono stati tra l’altro «sensibilmente» ridotti i tempi di attesa per i pazienti.

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