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Figlio di Salvatore Urru, sardo, maresciallo dell’ Esercito  e di Giselda Isidori, di Todi, fu vescovo a Tempio e Città di Castello
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Una recente  testimonianza di Mons. Mario Ceccobelli, vescovo di Gubbio, rilasciata dal settimanale cattolico regionale umbro La Voce agli inizi del mese di febbraio ha ricordato il sacerdote don Carlo Urru, nel decimo anniversario della sua “dipartita”, è "una luce che splende sul volto della Chiesa".
Di questo umile Pastore tuderte ha rivelato gli ultimi istanti della sua vita cosi: “ Aprì gli occhi e li rivolse in alto come se scorgesse il paradiso e vedesse già la Madonna, la Mamma del cielo , tanto amata e venerata”.
Don Carlo era la personificazione dell’umiltà.
Questa virtù era il suo vestito quotidiano Era molto amato da tutti, dai bambini, dai giovani e dagli adulti, di qualsiasi estrazione sociale.

Certo, quando parlava dall’altare le sue omelie avevano una tale profondità di fede e di pensiero,  che nell’ascoltarle sembrava di toccare con mano il messaggio evangelico: “… imparate da me che sono mite e umile di cuore
Questo Apostolo di Gesù, era proprio così,  l’umiltà e la grandezza del suo cuore hanno caratterizzato tutto il suo cammino terreno.

Nel ‘71, don Carlo fu nominato vescovo di Tempio – Ampurias.
Era figlio di Salvatore Urru, sardo, maresciallo dell’ Esercito
e quindi  sentiva un grande affetto per la divisa, e di Giselda Isidori, di Todi
Battezzato in cattedrale il 3 gennaio del 1916, passerà l’infanzia a Todi
e  rimarrà nel tempo sempre affezionato alla sua città natale.
Partecipò alla  prima mostra pittorica inaugurata a Tempio nel ’73. Fu  una presenza che non solo fece tanto piacere a tutti i presenti, ma che, anche in quella occasione, dimostrò attraverso le sue parole  quale considerazione  avesse  per la  creatività, l’immaginazione, dicendo: “…doni che Dio ha concesso a tutte le creature  di questa terra….

Don Carlo aveva questa grande capacità di comunicare,  si esprimeva  con tanta  dolcezza  e  sapeva  ascoltare con  pazienza e attenzione
, trasmettendo quella ricchezza spirituale di cui era impregnato il suo animo francescano
Gli piaceva ricordare  spesso le giornate  spensierate trascorse  da ragazzino a Todi
, prima che la sua famiglia si trasferisse a Perugia.
Della madre ne parlava con nostalgia e affetto,  raccontava che quando era piccolo lo portava spesso a pregare nella chiesa della Madonna del Campione.
Amava Todi,  ed era devotissimo come tutti i Tuderti alla Vergine Santissima;

Nel 1982  lasciò la Sardegna  e ritornò nella sua Umbria alla guida della Diocesi di Città di Castello, portando sempre nel cuore il ricordo di quegli anni trascorsi in Sardegna.
Lasciata la curia di Città di Castello per limiti di età, su invito dell’allora arcivescovo di Perugia mons. Ennio Antonelli, don Carlo andò ad abitare  nel palazzo vescovile;
Aveva un piccolo appartamentino, accogliente, la cui finestra si affacciava proprio sulla bellissima piazza IV Novembre, una delle più belle d’Italia.

Ma proprio in questo ambiente familiare dava sfogo ai suoi ricordi specialmente legati alla sua esperienza nell’Azione Cattolica come assistente diocesano e regionale e in seguito come delegato arcivescovile di tutti i rami di Azione Cattolica per la diocesi di Perugia e come rettore del Pontificio Seminario Regionale Umbro di Assisi.
Non era mai solo! tanti amici !  Tanta gente  veniva persino dalla Sardegna e non mancavano mai nel suo tavolino i tipici dolci sardi.
Ospite a Collevalenza,  quando parlava di Madre Speranza i suoi occhi si riempivano di luce;
Don Carlo era “un Servo di Dio,”  semplice, senza arie, senza pretese.
Il suo motto “Spera in Domino” ha caratterizzato in pieno il suo servizio episcopale.

La Chiesa di Tempio ufficialmente ha già dichiarato che è stato avviato il processo diocesano per la sua Canonizzazione  e moltissime sono le testimonianze già arrivate alla stessa diocesi, comprese quelle di chi scrive.

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