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Il 93% delle persone con frattura di femore ha più di 65 anni ed il 63% sono donne, ma il tasso di mortalità entro il primo anno dalla frattura del femore per gli uomini è quasi il doppio di quello delle donne
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Lunedì  20 ottobre , in occasione della Giornata Mondiale sull’Osteoporosi promossa dalla “International Osteoporosis Fundation” e dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna (O.N.D.A), si terrà la terza edizione dell’iniziativa Ospedali a Porte Aperte dedicata alle donne ed agli uomini a rischio o affetti da questa patologia.

“Obbiettivo prioritario della giornata – sottolinea la Dott.ssa Carmelinda Ruggiero, responsabile del “Centro per la prevenzione delle Cadute e delle Fratture nell’Anziano” della S.C. Geriatria del S. Maria della Misericordia – è di concentrare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla necessità di prevenire, diagnosticare e curare l’osteoporosi e di agire per mantenere la salute dello scheletro.
Quest’anno, in particolare l’attenzione è rivolta all’osteoporosi maschile, entità sconosciuta da molti , che in Italia colpisce un milione di uomini”.

L’osteoporosi maschile sembra infatti comportare maggiori pericoli rispetto a quella femminile: secondo i dati forniti dall’International Osteoporosis Foundation, il tasso di mortalità entro il primo anno dalla frattura del femore è del 37% per ciò che concerne gli uomini, quasi il doppio di quel che riguarda le donne. Ed ancora: un uomo su cinque sulla base di studi e ricerche soffrirà di una frattura dovuta a questa particolare condizione.

L’azienda Ospedaliero-Universitaria S. Maria della Misericordia di Perugia ha aderisce all’iniziativa della Giornata Mondiale dell’Osteoporosi offrendo valutazioni e clinico-diagnostici anche attraverso la distribuzione di materiale informativo a tutti coloro che si presenteranno all’ingresso principale dell’ospedale (ingresso principale, piano terra) dalle 9 alle 13 di lunedì 20 ottobre.

“ L’osteoporosi – ricorda ancora la Dott.ssa Ruggiero – è una malattia silenziosa ma di largo impatto sociale, con diverse e comprovate conseguenze negative sul sistema sanitario sociale ed economico; una malattia che può progredire per diversi anni fino a quando viene confermata la diagnosi o finché non avviene una frattura, generalmente al polso, alle vertebre o al femore .
L’esperienza clinica permette di affermare che la malattia è spesso sottovalutata e affrontata con grave ritardo anche in persone con riconosciute condizioni di rischio. L’abitudine al fumo, l’abuso di alcool, l’impiego di alcune terapie come i cortisonici ed i chemioterapici, la carenza di calcio e/o vitamina D, la sedentarietà e l’immobilità protratta, la familiarità per fratture di femore o vertebrali e il basso peso corporeo sono tutti noti fattori di rischio per osteoporosi.
Una precedente frattura osteoporotica, sia essa di polso, di vertebra o di femore, mette l’individuo ad elevatissimo rischio di una nuova frattura”.

I dati sono allarmanti, e ne riferisce il prof. Giuseppe Rinonapoli della S.C. di Traumatologia ed Ortopedia :”In Umbria sono oltre 200 le fratture di femore ogni 100.000 abitanti, fratture di femore che rappresentano oltre il 50% di tutte le fratture.
Il 93% delle persone con frattura di femore ha più di 65 anni ed il 63% sono donne”.

Nell’ottica di favorire un adeguato controllo del dolore nel paziente ospedalizzato ed un rapido recupero dell’autosufficienza – sottolinea il dottor Roberto Pantaleoni della S.C. di Neuroradiologia- proponiamo, con l’utilizzo del nuovo strumentario in dotazione e la possibilità di utilizzo di sale angiografiche dedicate, procedure che risultano estremamente efficaci nel ridurre il dolore e nel migliorare la qualità della vita da un punto di vista fisico, mentale e psicosociale”.

Anna Maria Scarponi, responsabile operativo del “Centro Malattie dell’Osso e del Metabolismo Minerale” della S.C. di Medicina Interna e Angiologia ribadisce l’importanza di una valutazione globale del paziente a rischio di frattura mediante esami strumentali, clinici e l’impiego delle carte del rischio di frattura tipo “FRAX” o la versione italiana “De-FRA”
Sono questi gli strumenti per stimare il rischio individuale di andare incontro ad una frattura osteoporotica entro 10 anni e di aiuto nella scelta terapeutica più appropriata –sottolinea la Dott.ssa Scarponi -: la clinica e la ricerca ci permettono di individuare quei farmaci che si sono rivelati efficaci nel bloccare la perdita di massa ossea e ridurre il rischio di frattura in maniera significativa “.

Particolare attenzione va riservata – aggiunge infine il prof. Roberto Gerli- ai malati affetti da patologie reumatiche, in particolare quelli affetti da artrite reumatoide e connettiviti. La natura infiammatoria cronica delle patologie reumatologiche associata all’effetto non sempre benefico sull’osso dei trattamenti farmacologici necessari per garantirne il controllo, nonché il ridotto livello di mobilità associato all’evoluzione disabilitante di queste patologie rendono i pazienti particolarmente a rischio di sviluppare osteoporosi e fratture”.

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