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Lo spettacolo di mercoledì' al Concordia sarà preceduto da un incontro di Moni Ovadia con il pubblico alle 18.00 presso la sala Febbraro della Biblioteca comunale.
locandina moni ovadia

Dopo quello delle coppie di fatto Marsciano si arricchisce di un altro registro, che però è di tutt’altro genere.
La prestigiosa presenza di Moni Ovadia arricchisce il Cartellone della Stagione di Prosa del Teatro Concordia di Marsciano, mercoledì 16 dicembre, alle 21.00 con lo spettacolo “Il registro dei peccati”, nel quale l’artista conduce per mano lo spettatore verso un mondo sorprendente che è stato estirpato dal nostro paesaggio umano e spirituale dalla brutalità dell’odio, ma che ci parla e ci ammaestra anche dalla sua assenza attraverso un’energia che pulsa in chi la sa ascoltare ed accogliere perché sente di potere costruire in sé, per sé e per l’altro, un essere umano migliore, più degno e più consapevole del proprio statuto spirituale.
Lo spettacolo sarà preceduto da un incontro di Moni Ovadia con il pubblico alle 18.00 presso la sala Febbraro della Biblioteca comunale.

Il mondo raccontato da Marc Chagall nei suoi celeberrimi dipinti e disegni è una creazione della sua straordinaria fantasia di genio artistico o è esistito realmente? Il mondo e l’umanità che Chagall ha trasfigurato nella sua arte suprema è autenticamente esistito.
Fu un mondo vero pulsante, fatto di esseri umani troppo umani e per questo inadatti ad un pianeta posseduto dai demoni della violenza, del razzismo, del delirio nazionalista.
La spiritualità di quella gente della diaspora ebraica che vestiva in bianco e nero era davvero coloratissima, lo era con i colori del fervore estatico eppure quotidiano.
Il linguaggio più autentico con cui si espressero quegli ebrei fu quello del khassidismo germinato sul crinale di un crocevia dove il pensiero spirituale più estremo e abissale si coniuga con la semplicità profonda di una pietas irrinunciabile per la più insignificante delle manifestazioni dell’esistente.
Il khassidismo è la celebrazione della fragilità umana e della sua bellezza, in quella celebrazione si riconosce la maestà ineffabile del divino che non si vede, il cui nome è impronunciabile, e ciò nonostante con quel divino si intrattengono relazioni di familiarità e persino di prossimità irriverente, senza che questa contraddizione trascorra mai nella blasfemia.
Il divino nella visione khassidica accoglie come figlio prediletto colui che osa polemizzare con il Santo Benedetto e perfino chi pretende di sottoporlo a processo per i mali del Mondo. Quel divino viene celebrato sì con la preghiera e con lo studio, ma anche con il canto, la danza, la narrazione e predilige l’umorismo il cui esprit era sommamente stimato dai grandi maestri del khassidismo che ne apprezzavano il potere anti idolatrico.
Gli ebrei del khassidismo come forse nessun altro nella terra d’Europa hanno letteralmente incarnato nel loro modo di vivere concreto e mistico la straordinaria intuizione del grande teologo francese. Incontrare quel mondo anche solo nel riverbero delle sue iridescenze percepire i profumi della sua anima e ascoltarne la voce è una esperienza indimenticabile.

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