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I nuovi dati Istat sull'economia, secondo il rapporto di Mediacom043, confermano il ritardo della nostra regione nei confronti delle altre regioni del centro
pil grafico

Il Pil pro capite umbro tocca il minimo storico rispetto al dato nazionale, ora è sotto del 23,9%. L’Umbria è inoltre la regione più in ritardo nel recupero dei livelli pre crisi: rispetto a quello del 2007, ultimo anno prima della grande recessione, il Pil umbro per abitante è sotto del 18,5%, praticamente quasi il doppio della media nazionale (-9,6%).
Secondo i nuovi dati Istat – contenuti nel rapporto di Mediacom043 – il Pil per abitante dell’Umbria scende, rispetto a quello medio nazionale, al minimo da oltre quaranta anni a questa parte, toccando l’84% del dato italiano; lo svantaggio con il Centro Nord, sempre in termini di Pil per abitante, tocca il massimo storico del 26,9%; come pure tocca il record lo svantaggio con la media delle regioni Centro, con l’Umbria ora in ritardo di ben il 20,2%. Infine, l’Umbria è la regione italiana più in ritardo nell’obiettivo di tornare ai livelli pre crisi, con il Pil abitante del 2016 che è inferiore del 18,5% rispetto a quello del 2007 – appunto ultimo anno prima dell’inizio della grande recessione – Un ritardo che è praticamente quasi il doppio di quello medio nazionale (-9,6%).

Sono quindi brutti, per l’Umbria, gli ultimi dati prodotti dall’Istat. Ricordando anche che la regione, nel 2016, in termini di andamento del Pil complessivo è stata la peggiore d’Italia, segnando -1,3% (rispetto a +0,9% della media nazionale +1% del Centronord e +0,8% del Centro). La primavera che era sembrata sbocciare nel 2015 – Pil umbro +2,3%, nettamente sopra la media italiana – dopo il lungo inverno dell’economia regionale ha subito insomma un’immediata gelata. E i conti sono pesanti anche per l’occupazione, scesa in Umbria nel 2016 dell’1,5%, anche in questo caso peggior dato d’Italia dove invece l’occupazione aumenta, anche se non di molto.
Certo, una serie di indicatori cosiddetto ‘anticipatori’ – i dati ufficiali, infatti, arriveranno tra qualche mese – vanno pensare che il 2017 anche l’Umbria abbia certamente registrato il segno ‘più’ nella ricchezza prodotta. Ma il punto sarà vedere come avremo fatto rispetto alla media nazionale, a quella del Centro-Nord e a quella del Centro, che debbono essere e e restare i parametri di riferimento della regione. Se non tengono d’occhio questi indicatori, infatti, accade ciò che è accaduto nel periodo 2000-2007, quando l’Umbria è cresciuta dello 0,8% in media d’anno ma ha perso non poco terreno rispetto alla media nazionale, cresciuta di più. Insomma, non basta tornare alla crescita. Occorre, in prospettiva, fare meglio degli altri per recuperare il tanto terreno perduto e restare inseriti nelle dinamiche economiche del Centro-Nord e non, come invece sta avvenendo dal 2000, scivolare verso Sud. Certamente una strada difficile, quella da percorrere per invertire un trend che va avanti da oltre un quindicennio, ma che è l’unica se la regione vorrà avere un adeguato livello di benessere economico e sociale e non finire nella marginalità, con tassi decrescenti di livelli di vita rispetto a quelli del Centro-Nord.

Nel 2016, come certificano i dati Istat, l’Umbria ha toccato il record di ritardo rispetto alla media nazionale. Il Pil per abitante della regione, infatti, è sceso all’84% di quello medio nazionale, confermando peraltro che l’Umbria è stata superata anche dall’Abruzzo (Pil pro capite abruzzese è l’86,1% di quello medio nazionale), per cui non vale più neppure la famosa immagine per cui l’Umbria è l’ultima regione del Centro-Nord e la prima del Sud. Ora siamo gli ultimi del Centro-Nord e i secondi del Sud.
Un calo, quello umbro, di 1,7 punti percentuali in un solo anno (nel 2015 il Pil pro capite umbro era l’87,8% di quello medio italiano). Ma il declino arriva da lontano. Nel 1995 il Pil pro capite umbro era sotto dell’1% rispetto alla media nazionale, nel 2000 del 2%, nel 2005 del 5,3%, nel 2007 registriamo invece un miglioramento, con il ritardo del Pil pro capite umbro rispetto al dato italiano che si riduce al 4,8%, prima di precipitare a un ritardo del 13,5% nel 2014 e toccare, dopo una ripresa del 2015, il minimo del 13,9% nel 2016.
In netto aumento anche il divario con il Centro-Nord, l’area economica a cui dovremmo tentare di agganciarci. Ora il divario tra il Pil pro capite umbro e quello medio del Centro-Nord ha toccato il 26,9%, rispetto al 17% di venti anni fa e al 17,4% del 2000. In altre parole, oggi il Pil pro capite in Umbria è inferiore del 26,9% rispetto alla media delle regioni del Centro-Nord, mentre venti anni fa, nel 1995, era inferiore del 17% e nel 2000 del 17,4%. Dal 2000, poi, è stato un continuo allargarsi del fossato.

Molto terreno perso anche rispetto al Centro: nel 2016 il Pil pro capite dell’Umbria, segnalano i dati Istat, è del 20,2% inferiore a quello medio delle regioni del Centro, mentre venti anni, nel 1995, era -9,4% e nel 2000 -12,3%, Da allora, una continua caduta. L’Umbria è la regione italiana che ha perso più Pil per abitante dall’inizio della crisi ad oggi. Tra il 2007, ultimo anno prima dello scoppio della grande recessione, e il 2016, il Pil per abitante in termini reali (ossia depurando i dati dall’inflazione) secondo le tabelle dell’Istat è sceso del 18,5%, praticamente quasi il doppio della media nazionale (9,6%) e di quella del Centro-Nord, anch’essa calata del 9,6%. Dato umbro molto pesante anche rispetto a quello del Centro (-13,6%). Solo una regione italiana ha recuperato i livelli di Pil per abitante che c’erano prima della crisi: si tratta della Basilicata (+0,5%). Tutte le altre regioni, pur con grosse differenze, sono ancora tutte indietro ai livelli pre crisi. I ritardi più ‘leggeri’ sono quelli di Trentino Alto Adige (-2,1%), Lombardia (-6,6%), Abruzzo (-7,7%) e Toscana (-7,8%).
I ritardi peggiori li mostrano appunto l’Umbria (-18,5%), il Lazio (16,8%), il Molise (-16,1%), la Sicilia (-14,7%) e le Marche (-12,7%).

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