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I cambiamenti secondo un istituto delle Nazioni Unite

Gli scienziati concordano che la responsabilità dell’aumento delle emissioni di gas serra in atmosfera sia al 90% da attribuire a fattori umani (nel rapporto del 2001 la probabilità era del 66%). I dati contenuti in questo documento sono un allarme forte e chiaro: le cose sono andate peggio di quanto previsto e il tempo a disposizione per fare qualcosa è sempre meno.
Non si tratta di allarmismo. Sono i fatti a dirlo: la temperatura prevista per la fine del secolo è stimata dai 2 ai 4 gradi superiore a quella del secolo precedente, il mare potrebbe innalzarsi di un livello compreso tra i 19 e 58 cm, sommergendo vaste aree costiere del Pianeta. E queste ultime cifre sono perfino ritenute da molti troppo ottimistiche, poiché non considerano le ripercussioni di alcuni eventi molto recenti, come lo scioglimento di vaste zone di ghiaccio in Antartide e in Groenlandia. Insomma, il riscaldamento è in atto e durerà oltre un millennio.

C’è chi ritiene che la situazione sia anche peggiore di così. Uno studio pubblicato su Science nei giorni scorsi da Stefan Rahmstorf, climatologo del Potsdam Institute for Climate Impact Research, sostiene che le previsioni dell’IPCC siano fin troppo ottimistiche. Secondo lo scienziato del prestigioso istituto tedesco di ricerca climatica, le osservazioni degli ultimi 5 anni hanno dimostrato che gli impatti del cambiamento del clima sono stati ben maggiori di quanto previsto dal rapporto dell’ONU nel 2001 e tutto lascia supporre che quindi anche queste nuove previsioni siano troppo caute. I cambiamenti climatici, secondo Rahmstorf, stanno provocando fenomeni più intensi di quelli previsti, con il concreto rischio che la comunità scientifica stia sottostimando nel complesso le conseguenze prodotte dalle massicce emissioni di anidride carbonica e degli altri gas serra.
In particolare, le previsioni sull’innalzamento dei mari sembrano molto caute. Secondo gli scenari del 2001 il livello degli oceani sarebbe dovuto salire solo di 2 millimetri l’anno, mentre le osservazioni mostrano un tasso di crescita costante di 3,3 millimetri l’anno.

Durante la conferenza stampa di presentazione del report (che abbiamo seguito su web in streaming, ndr) è emersa dalla platea una domanda emblematica: “Siete sicuri al 100% di queste previsioni?”
La risposta viene direttamente dal presidente dell’IPCC, Rajendra Pachauri, che afferma come ci siano moltissime prove che vanno in questa direzione e che hanno condotto a queste conclusioni. Inoltre, oggi i modelli informatici e matematici applicati alla climatologia sono molto più potenti e affidabili di quelli utilizzati sei anni fa e questo riduce l’incertezza. Certo, sottolinea Pachauri, non esiste una sicurezza al 100% in una previsione ma questo non può e non deve essere una scusa. E per dimostrarlo il presidente conclude con due citazioni: la prima è di Lord John Browne, il quale afferma che in economia si decide sempre in un contesto di incertezza e questo non impedisce agli imprenditori di fare investimenti. E la seconda ci viene dal campo medico: se visitiamo un paese dove c’è un alto rischio di malaria, anche se non abbiamo la certezza matematica di contrarre la malattia, questo non significa che non facciamo un’adeguata profilassi per prevenire e ridurre il rischio.

Stiamo correndo un grosso rischio per la nostra sopravivenza sul Pianeta: i nostri decisori politici vogliono proprio attendere inerti finché non avremo la matematica certezza del 100%?
Aspettare potrebbero essere una scelta molto costosa. Troppo costosa.

I punti principali sullo stato del clima globale, sono i seguenti:

  1. Le concentrazioni atmosferiche attuali di anidride carbonica (380 ppm) e degli altri gas serra sono le più alte mai verificatesi negli ultimi 650 mila anni durante i quali il massimo valore di anidride carbonica atmosferica si era sempre mantenuto inferiore a 290 ppm. L’aumento dell’anidride carbonica atmosferica che è passata negli ultimi 200 anni circa da 280 a 380 ppm con un incremento di oltre 35%, è causato dallo squilibrio complessivo tra emissioni globali di anidride carbonica provenienti dalle attività umane ed assorbimenti globali naturali da parte del suolo degli oceani e degli ecosistemi terrestri e marini. Le capacità “naturali” globali (denominati “sinks” globali) sono attualmente in grado di assorbire meno della metà delle emissioni antropogeniche globali, il resto si accumula in atmosfera e vi permane per periodi medi che per l’anidride carbonica arrivano fino a 200 anni. Viene sottolineato, inoltre, il fatto che le capacità naturali globali di assorbimento erano maggiori nel passato e che negli anni più recenti stanno via via diminuendo con l’aumentare progressivo della temperatura media del pianeta.
  2. Rispetto all’effetto serra naturale è stato introdotto un effetto serra aggiuntivo così composto: una parte riscaldante dovuta ai gas serra di origine antropica pari a circa +3,0 watt m2, una parte riscaldante naturale dovuta alla attività solare pari a circa +0,12 watt/m2 ed, infine, una parte raffreddante dovuta agli aerosol sia di origine naturale, sia di origine antropica pari circa a -1.6 watt/m2. Il bilancio complessivo mostra che l’incremento netto dell’effetto serra è stato pari a circa 1,6 watt/m2 In altre parole, senza l’effetto raffreddante degli aerosol il riscaldamento climatico sarebbe stato doppio. Di tale effetto serra aggiuntivo solo una piccola parte (tra il 10 ed il 20%) può essere attribuita a cause naturali (attività solare e aerosol naturali).
  3. L’effetto dell’incremento del contenuto energetico del sistema climatico è stato osservato e misurato nei numerosi parametri che sono gli indicatori sperimentali dello stato del clima e della sua evoluzione, quali ad esempio: la temperatura media del pianeta (che è aumentata), le precipitazioni (che hanno cambiato caratteristiche), le temperatura degli oceani (che sono aumentate), i ghiacci polari e quelli delle medie latitudini (che sono in forte diminuzione), ecc. In particolare la temperatura media globale è aumentata di 0,74°C dal 1906 al 2005. Ma mentre nei decenni passati aumentava ad un tasso medio inferiore a 0,06°C per decennio, negli ultimi 50 anni è, invece, aumentata al tasso di 0,13°C per decennio e più recentemente ha raggiunto il tasso di circa 0,25°C per decennio. La temperatura media del mare è aumentata sensibilmente in superficie e molto meno negli strati più profondi. Tuttavia, il riscaldamento, in alcuni oceani, si è esteso anche fino a 3000 metri di profondità: gli aumenti maggiori di temperatura delle acque marine sono stati osservati nell’oceano Indiano settentrionale e nell’oceano Pacifico occidentale. Nel nord Atlantico i maggiori aumenti della temperatura sono stati osservati soprattutto in questi ultimi anni. Inoltre, è aumentata l’intensità degli eventi estremi come i cicloni tropicali (uragani e tifoni), le tempeste tropicali ed extratropicali, le alluvioni e le siccità, le ondate di caldo e di freddo, ecc.

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