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Catiuscia Marini, primo cittadino di Todi, parla di passato, presente e futuro
marinicati

Sabato 3 marzo, Comune di Todi. Gli uffici sono chiusi, il palazzo pressochè deserto. L’unica stanza aperta è quella del sindaco. All’interno, seduta alla scrivania ingombra di pratiche, c’è Catiuscia Marini, primo cittadino a fine mandato. Fuori, in piazza, si discute già da mesi su chi prenderà il suo posto. Per lei è arrivato il tempo dei bilanci, personali e politici. Nel frangente dell’intervista il dibattito pre-elettorale appare però lontano, attutito. Il pensiero va innanzitutto al decennio che ci si appresta a lasciare alle spalle. E’ evidente che l’occasione giornalistica è diversa da altre nel passato. E’ anche un saluto, un’uscita di scena. Non c’è tristezza o malinconia e neppure, per una volta, la necessità della cronaca contingente. Il clima è di rilassatezza e distensione. Il rischio di prestarsi ad un’arringa elettoralistica si dilegua. Ora va evitato che domande e risposte diventino una semplice chiacchierata tra amici. E’ comunque difficile non pensare a quanto “la ragazza” (come la chiamava Silvano Spada appena eletta) sia cresciuta. Già… lei sì, ma la città? Ecco il filone giusto per iniziare un lungo botta e risposta.
Quali differenze fra la Todi presa nel 1998 e quella che lascierà? “Vi sono degli interventi consistenti sul fronte della riqualificazione urbanistica e delle opere pubbliche, alcune delle quali hanno posto fine a problemi annosi: penso al rifacimento e approvvigionamento degli acquedotti, alla realizzazione della palestra Cocchi, alla ristrutturazione dei castelli di Montenero, Petroro e Pantalla, al recupero del parco della Rocca e a quello del borgo di Izzalini, oltre a tanti altri lavori significativi che, tra capoluogo e frazioni, hanno visto in dieci anni un investimento pubblico complessivo di circa 100 milioni di euro”.
Cos’altro ha caratterizzato le sue Amministrazioni? “Una programmazione organica delle priorità, con al centro la complessa vicenda del piano regolatore generale, strumento cruciale per la promozione dello sviluppo del territorio, come dimostra il fatto che, dalla sua entrata in vigore nell’estate 2005, sono stati già rilasciati una ventina di piani attuativi. Senza parlare poi dell’avvio della nuova zona industriale, garanzia anch’essa di crescita economica”.
Ulteriori aspetti da segnalare? “Dovendo scegliere, indicherei la profonda riorganizzazione della macchina comunale, azione meno visibile di altre ma anch’essa importante. Basti dire che nel 1998 in tutto il Comune c’erano appena venticinque computer non comunicanti tra loro, mentre oggi ogni ufficio è informatizzato e l’ente ha una moderna  infrastruttura tecnologica, il che equivale a maggiore snellimento, efficienza e trasparenza”.
Cosa lascia a chi verrà? “Innanzitutto un Comune con i conti pubblici in ordine, il che di questi tempi non è poca cosa. Il bilancio è infatti in equilibrio, con un indebitamento sotto il 3% ed un avanzo di amministrazione 2006 di circa mezzo milione di euro”.
Altre eredità? “Lascio due progetti importantissimi: il contratto di quartiere di Ponterio, intervento strategico finanziato con 6 milioni di euro di fondi pubblici ed ormai pronto a partire, e la costruzione già avviata del nuovo ospedale comprensoriale a Pantalla, una realizzazione addirittura storica per la collettività locale”.
Un limite dell’azione di governo? (ci pensa a lungo, ndr) “Individuerei la ancora forte resistenza dell’amministrazione pubblica all’innovazione e la sua refrattarietà ad essere puntualmente in linea con le aspettative della gente”.
Cosa è cambiato tra primo e secondo mandato? “Il primo è stato soprattutto di impostazione, di programmazione e di ricerca delle risorse, mentre in quello successivo la macchina era già avviata e ciò ha permesso di far emergere una mole di lavoro sicuramente maggiore”.
Si ritiene responsabile di non essere riuscita a portare il centrosinistra unito al voto? “Il mio sforzo personale è stato sempre quello di tenere unita la coalizione, ma è normale che prima delle elezioni possano prevalere dei ragionamenti interni ai singoli partiti. Bisogna evitare però che prevalga un modo di ragionare datato, per favorire invece una nuova apertura alle componenti della città, come siamo riusciti a fare nel recente passato”.
Cosa risponde a chi l’accusa di aver pensato solo al proprio futuro? “E’ una cosa che smentisco su tutti i piani. Ho messo al servizio della città tutto l’impegno, le competenze e le relazioni politiche, istituzionali ed interpersonali, con un attaccamento morboso agli interessi di Todi e con il pallino fisso di fargli avere un peso maggiore all’interno del contesto regionale. Se ciò non bastasse, ho fatto per il mio futuro una scelta prettamente professionale” (da giugno dovrebbe assumere l’incarico di direttore della Lega delle cooperative, ndr).
L’impegno politico diretto finisce allora qui? “Ovviamente no, continuerà ad esserci appassionato come sempre, ma non sarà a tempo pieno”.
Mai pensato ad una soluzione tipo Assisi, di fare il vicesindaco o l’assessore? “No, nel modo più assoluto. Ritengo sia uno degli errori più gravi che si possono fare. Non si può essere adatti per tutte le stagioni”.
E di presentarsi per il terzo mandato? (c’è chi lo ha fatto nonostante la legge, ndr) “Anche se ritengo che l’attuale limite legislativo non abbia senso, visto che gli unici a scegliere dovrebbero essere i cittadini e le forze politiche, credo che dieci anni rappresentino un periodo sufficiente per incidere sulla vita di un Comune e che quindi vada favorito un ricambio delle energie”.
Siamo arrivati ai saluti… “Sì, ma non è un addio. Questa è la città alla quale sono fortemente legata, dove continuerò ad abitare, a vivere e ad impegnarmi. E qualunque altra cosa farò, l’essere stata primo cittadino di Todi rimarrà sempre l’esperienza più bella ed importante della mia storia politica e personale” (per un attimo affiora un velo di commozione che viene subito repressa, ndr).
Come vorrebbe essere ricordata? “Come un sindaco generoso e a disposizione di tutti, al pari di quanto promesso al momento della mia prima candidatura, con una grande capacità di ascolto sia delle istanze delle categorie che dei singoli cittadini, ma anche fermo a contrastare l’arroganza di chi avrebbe voluto privilegiare solo i propri interessi a danno di quelli della collettività”.

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