Tutti al mare, tutti al mare, questo ritornello non sembra più di moda, almeno a leggere i dati del rapporto Unioncamere. Per i tecnici delle Camere di commercio italiane, infatti:
“Un fenomeno decisamente considerevole dell’ultimo decennio (che peraltro aveva cominciato a manifestarsi già nel decennio precedente) riguarda poi la forte diminuzione della motivazione balneare del movimento estero, associato al forte aumento di altre motivazioni, in primo luogo quella d’arte e culturale, ma anche di quella ambientale, degli eventi e di altre che possono essere definite esperenziali, come ricerca e fruizioni di soggiorni autentici, magari associati aforme di ricettività diffusa.
I turisti inglesi, statunitensi, francesi, spagnoli e giapponesi scelgono l’Italia prevalentemente per motivazioni d’arte e culturale e, in subordine, per lo shopping. Continuano a frequentare le nostre coste, anche se in misura sempre minore, i tedeschi (in particolare laghi e spiagge del Nord-Est) e le altre provenienze centroeuropee, mentre negli anni più recenti si è verificato forte aumento nelle provenienze dai Paesi dell’Europa orientale, in particolare dalla Russia.
Per olandesi, austriaci, svizzeri, danesi e anche per i tedeschi assume rilievo la componente ambientale, con le sue varie nicchie di mercato che combinano più motivazioni.
La perdita di competitività del turismo balneare tradizionale per la componente estera si manifesta per il macrosegmento del mass-market, molto influenzato dalla componente prezzo e dalla combinazione aereo-soggiorno. Il nostro Paese, ed in particolare il Mezzogiorno, si sta organizzando con ritardo rispetto a questo mercato fondato sui voli a basso costo (low cost o charter) point to point e su una organizzazione territoriale funzionale nel raggio di una cinquantina di km dal punto di arrivo. Tuttavia, si può osservare che anche il mercato balneare è ormai articolato in diverse segmentazioni relativamente autonome e che, fra queste, la crisi si manifesta per la parte che può essere definita più tradizionale, quella del puro soggiorno in località marine, mentre la nautica da diporto, le crociere (per le quali l’Italia è la destinazione principale del Mediterraneo), il charter nautico, la pesca subacquea e tutte le altre fruizioni esperenziali di nicchia sono in forte sviluppo. L’importanza del Patrimonio Culturale come generatore di ricchezza è nota nel nostro Paese. I 65 milioni di visitatori stranieri annui nei nostri poli turistici di offerta culturale, i due milioni di posti letto organizzati in circa 35.000 strutture di accoglienza e gli oltre 14 milioni di Beni artistici. noti (4.100 musei, 110.000 tra chiese e abbazie, 20.000 centri storici) fanno dell’Italia un vertice dell’economia turistica e culturale mondiale.
L’Istituto Guglielmo Tagliacarne, su richiesta del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, ha recentemente realizzato un’indagine per stimare il valore aggiunto e l’occupazione assorbita dai diversi settori che concorrono a formare la filiera turistica. La stima ottenuta a livello nazionale – scorporando per una migliore lettura e confronto la componente della ricettività turistica e dell’accoglienza – conduce a un dato pari al 6,6% ( 2,2 per le attività di trasporto) di contributo delle attività potenzialmente collegate al patrimonio culturale/ambientale alla formazione del valore aggiunto e al 6,9% per quanto riguarda l’occupazione presente in Italia ( 2% per enogastronomia e prodotti tipici).”
- M. B. Ciancaleoni
- 14 Maggio 2007
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