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Chi limita o impedisce la "libera circolazione" dei pesci deve risarcire i danni
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Le opere che comportano l’occupazione totale o parziale del letto dei corsi d’acqua, limitando la mobilità della popolazione ittica, devono prevedere strutture idonee a consentire la risalita dell’ittiofauna. In presenza di accertati e inamovibili ostacoli tecnici, devono essere stabilite da parte delle Province le modalità di risarcimento del danno da corrispondere annualmente.
Sulla scorta della L.R. 44/98 “Norme per la tutela e lo sviluppo del patrimonio ittico regionale, la salvaguardia degli ecosistemi acquatici e l’esercizio della pesca”, sono stati fissati dalla Giunta provinciale di Perugia i criteri con i quali stabilire l’entità del risarcimento dovuto dai titolari di opere nei corsi d’acqua. Secondo gli esperti il danno prodotto ha effetti differenziati a seconda delle zone ittiche, nelle quali si manifesta con un calo immediato della consistenza della fauna ittica a monte dello sbarramento e con una compromissione dell’intero ecosistema acquatico sia a monte che a valle dello sbarramento, qualora le opere comportino una modifica della portata o addirittura la secca di tratti di fiume, con danni a lungo termine alle popolazioni ittiche.
I parametri individuati per quantificare il danno sono l’ubicazione dello sbarramento (a seconda che esso si trovi in un’area delle rete Natura 2000, o in acque a salmonidi o in acque a ciprinidi), la valenza ittica, l’altezza dello sbarramento, il rilascio idrico, l’importanza del tratto per la pesca sportiva o per altri tipi di fruizione. Per ognuno di questi criteri è stata anche individuata una scala di punteggi e ad ogni punto si è deciso di far corrispondere l’importo di 150 euro come importo del risarcimento annuale.

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