I fantasmi di un passato di complotti, spie ed assassini coinvolgono l’Umbria. L’assassinio è quello clamoroso, che ha cambiato la storia del mondo, di J.F.Kennedy. Secondo una inchiesta dell’ANSA, Terni ha avuto, a distanza di quasi mezzo secolo, un ruolo decisivo nello scoprire le responsabilità di quelli che, secondo l’inchiesta di Claudio Accogli, dell’agenzia di stampa nazionale, complottarono quanto meno per “depistare” le indagini sulla morte del Presidente degli Stati Uniti d’America. Dai test condotti a cura dell’ANSA nella fabbrica d’armi di Terni, dove venne prodotta la presunta arma del delitto, risulterebbe che Lee Harvey Oswald non potè uccidere Kennedy da solo. Il fucile Carcano modello 91/38 matricola C2766 con il quale l’ex marine di 24 anni avrebbe assassinato il presidente Usa, esplodendo tre colpi in sette secondi – secondo la commissione Warren – vide infatti la luce nel 1940 in Italia, nella Regia fabbrica d’Armi di Terni. Grazie all’autorizzazione concessa dal Comando Logistico dell’Esercito italiano, l’Ansa avrebbe potuto verificare a Terni che i fucili 91/38 hanno una velocità massima di tiro stimata in 5 secondi per colpo. Nei test, condotti sotto la supervisione di ufficiali dell’Esercito, il tiratore avrebbe impiegato 19 secondi per mettere a segno i tre colpi, contro i presunti sette secondi occorsi ad Oswald. Secondo la commissione presieduta dal giudice Warren inoltre, uno dei tre proiettili sparati da Oswald fallì il bersaglio: sul luogo dell’assassinio un passante rimase ferito, in una posizione tale da escludere il rimbalzo di un qualche frammento. Quindi, sempre a giudizio della commissione, i colpi andati a segno sarebbero stati due. Il primo avrebbe centrato Kennedy alla gola e successivamente ferito in più punti il governatore Connally, che gli sedeva davanti nella limousine presidenziale: è stato definito il ‘magic bullet’, la ‘pallottola magica’ perchè venne trovata intatta sulla barella del governatore al pronto soccorso. Il secondo proiettile avrebbe invece colpito il presidente degli Stati Uniti alla testa, uccidendolo. Anche in questo caso però, i test condotti dai militari a Terni avrebbero dato esiti diversi da quelli del 1964: la pallottola esplosa su due blocchi di carne risulterebbe evidentemente deformata dall’impatto, al punto tale da escludere che il ‘magic bullett’ trovato a Dallas possa aver colpito due uomini e rimanere intatto come poi venne rinvenuto. Per quanto riguarda invece il colpo mortale, i test condotti a 80 e 30 metri rafforzerebbe l’ipotesi che sul luogo del delitto fosse presente almeno un secondo tiratore. A 80 metri – la distanza dal deposito di libri, dove si sarebbe trovato Oswald – la pallottola di un fucile Carcano, di calibro 6.5, tende a ‘ bucare e passare’: il proiettile avrebbe lasciato sulla fronte di Kennedy un foro di uscita di proporzioni significative. Invece, anche dinanzi alle evidenze autoptiche, gli esperti statunitensi conclusero che la pallottola si era disintegrata. Questo fenomeno – avrebbero spiegato a Terni – assai raro con le pallottole standard del Carcano, si verifica se i proiettili vengono incisi da mani esperte, oppure con un particolare tipo di cartucce pensate per evitare incidenti nei poligoni. Si tratta delle pallottole frangibili, che si disintegrano all’impatto, spesso non lasciando fori di uscita. Esplosi da 30 metri – la distanza dall’area della grassy knoll, possibile posizione del secondo tiratore – i frangibili, o dei proiettili incisi, avrebbero potuto provocare ferite molto simili a quelle accertate dall’autopsia e visibili nelle sequenze dell’assassinio giratela un cineamatore. Sul fronte delle ricerche documentarie, infine, resterebbe da chiarire l’aspetto più italiano della vicenda: il rapporto Warren ha stabilito che il C2766 era unico al mondo – proprio quello acquistato da Oswald – grazie ad un documento fornito dal Sifar, il servizio segreto militare italiano dell’epoca. Ma negli archivi Usa l’unico accenno a indagini ufficiali del governo di Roma spunterebbe in un documento del dicembre ’63. Il dispaccio di fonte Cia racconterebbe che il ministro della Difesa in carica, Giulio Andreotti, aveva ordinato un rapporto sul Carcano di Dallas a un certo ‘Depatron Service. Il rapporto (del Depatron), sintetizzato nel dispaccio, sosterrebbe cose in parte diverse da quelle poi scritte nel rapporto Warren. L’informativa sarebbe del capo della Cia di Roma nel ’64, William K. Harvey, per anni responsabile dell’Executive Action, il comitato nato a Langley che studiava e metteva in pratica piani per eliminare leader stranieri come Trujillo, Lumumba e Castro. Harvey utilizzò spesso esponenti della mafia italo-americana per attuare questi progetti delittuosi: venne defenestrato da Kennedy e trasferito a Roma pochi mesi prima del delitto, nella primavera-estate del 1963.
- Redazione
- 30 Giugno 2007
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