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Tanto riceve la Regione dai "cavatori" di materiali. Due milioni di euro l'anno per 6 milioni e 400 mila metri cubi di territorio asportato
quarry

Nel 2006 erano 125 le autorizzazioni a “coltivare” cave in Umbria, 84 nella provincia di Perugia e 41 in quella di Terni, alle quali corrispondono 91 cave in esercizio. Delle 34 autorizzazioni residue otto sono sospese, quattro riguardano cave che stanno per essere chiuse, e quindi oggetto di recupero ambientale, e 22 non hanno ancora iniziato o hanno interrotto la produzione. Dei 45 comuni umbri in cui si esercita l’attività di cava quelli con la più alta produzione di materiali – ha riferito la Regione in un comunicato – sono Narni e Nocera Umbra (rispettivamente, con una estrazione di circa 926 mila metri cubi e 800 mila metri cubi), seguiti da Perugia (con circa 495 mila metri cubi). Nel monitoraggio si evidenzia che ad una fase di incremento della produzione, dal 2000 al 2003 (in cui si è passati da 5 milioni a 5 milioni 500 metri cubi), ha fatto seguito dal 2004 ad oggi una stabilizzazione della estrazioni su un volume di circa 6 milioni e 400 mila metri cubi. L’incremento della produzione, secondo gli uffici regionali che hanno effettuato il monitoraggio, ad eccezione del settore delle argille e degli inerti industriali, non è tanto dovuto alla crescita della domanda quanto all’emersione del sommerso, grazie all’entrata a regime di nuovi adempimenti (come la perizia giurata) e ad una maggiore vigilanza e controllo sulle quantità effettivamente estratte. In base ai dati le quantità che potranno essere ancora estratte, secondo i progetti approvati, ammontano a 52 milioni e mezzo di metri cubi, di cui oltre 28 milioni di materiale calcareo. L’approvvigionamento di materiale di cava sarebbe quindi assicurato per un periodo minimo di sette anni nel settore ghiaie e sabbie e per un periodo massimo di 13 anni nel settore basalti. Il contributo derivante dall’attività di cava, finalizzato in base alla legge regionale 2/2000 alla tutela ambientale, è di circa 2 milioni di euro, equamente ripartiti tra Regione Umbria e Comuni territorialmente competenti in base al volume del materiale estratto. Mediamente il danno all’ambiente viene quindi risarcito con poco più di 31 centesimi di euro. E forse questo spiega il grosso incremento (+28%) registrato dal 2000 nelle estrazioni. Lo scorso anno le Province hanno compiuto 190 controlli (poco più di 2 volte l’anno mediamente), di cui la maggior parte in provincia di Perugia.

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