A completamento del Disegno di legge riguardante la cosiddetta riforma endoregionale, la Giunta regionale ha presentato ed è stata discussa in Commissione del Consiglio una proposta per completare la disciplina delle Comunità montane. Già il primo provvedimento prevedeva, all’articolo 23, che è la legge regionale a stabilire il numero massimo delle zone omogenee in cui possono mantenersi Comunità Montane.
E’ sempre la legge a fissare il numero massimo della popolazione perché un Comune montano o parzialmente montano possa far parte di una Comunità montana, ad attribuire direttamente le funzioni, a individuare le forme di collaborazione con i Comuni, laddove questi ultimi si avvalgano di esse per l’esercizio associato delle funzioni proprie o conferite. Per la definizione delle zone omogenee dopo che la legge avrà fissato i principi e i criteri generali, saranno necessari atti amministrativi (deliberazione del Consiglio regionale, deliberazione della Giunta regionale), a contenuto fortemente partecipato (Consiglio delle Autonomie locali, singoli Comuni), a individuare le specifiche zone omogenee delle nuove Comunità montane.
Il disegno di legge aggiuntivo interviene ridefinendo:
• le modalità di individuazione delle zone omogenee,
• le funzioni delle Comunità montane che vengono fissate nel numero di cinque contro le nove fino ad ora esistenti.;
• le modalità di esercizio delle funzioni dei Comuni che dopo il nuovo processo di definizione delle zone omogenee non faranno più parte di una Comunità montana;
• le modalità di costituzione delle nuove Comunità montane;
• i nuovi contenuti e modalità di adozione degli Statuti;
• la diversa composizione del Consiglio delle Comunità montane.
Il Disegno di legge contiene altre norme concernenti le dotazioni organiche, il finanziamento delle attività, la prima costituzione dei nuovi Enti e altri interventi di stretta natura tecnica.
Il disegno di legge, secondo quanto indicato nella relazione d’accompagno, intenderebbe caratterizzare le Comunità montane come casi speciali di Unioni di Comuni che vengono create al fine della valorizzazione delle zone montane allo scopo di esercitare, in modo più adeguato di quanto non consentirebbe la frammentazione dei Comuni montani,funzioni proprie, funzioni conferite e funzioni comunali, diversamente dai Comuni di maggiori dimensioni demografiche.
In Commissione sono state apportate rilevanti modifiche. Il dato della popolazione che prima era rigido è stato ammorbidito prevedendo che possano chiedere di far parte di una Comunità montana anche i Comuni con popolazione superiore a 25.000 ed inferiore a 40.000 abitanti, totalmente o parzialmente montani che siano parte integrante del sistema geografico e socio-economico della Comunità medesima, laddove lo Statuto della stessa preveda tale possibilità e nel caso in cui deliberino di conferire a tale Ente lagestione di rilevanti funzioni conferite e/o di funzioni proprie, le quali presuppongono
per il migliore esercizio la gestione associata.
Tra i compiti delle Comunità non c’è più la difesa ambientale, ma la valorizzazione del patrimonio ambientale che se intesa solo in puro senso economico è praticamente in antitesi con la difesa.
Cassato il divieto per cui le Comunità non avrebbero potuto svolgere attività a favore di privati e sostituto con un sistema contabile ad hoc per evidenziare se tali Enti quando entrano nel campo privato lo fanno “sottocosto”.
Il numero dei componenti la Giunta della Comunità , escluso il presidente, è stato fissato tra un minimo di tre e un massimo di cinque, con sforbiciata per i compensi del cinquanta per cento rispetto a quelli degli assessori comunali di Comuni fino a 30 mila abitanti.
Istituita anche la Consulta Regionale sui Parchi che concorrerà a definire le linee di indirizzo cui le Comunità montane dovranno attenersi per la gestione delle Aree naturali protette.
- Redazione
- 8 Luglio 2007
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