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I relatori, di maggioranza ed opposizione, hanno illustrato le loro tesi divergenti sulla riforma endoregionale dell'Umbria

E’ cominciata, fra profondi contrasti, la discussione in Consiglio Regionale dell’Umbria del disegno di legge, in parte modificato in commissione, relativo alle Comunità Montane
Tale proposta, secondo il relatore di maggioranza Paolo Baiardini (Ds – Ulivo) intende valorizzare il ruolo dei Comuni e promuovere la cooperazione tra loro per un policentrismo solidale e non conflittuale, in una visione unitaria dell’Umbria”. “Sconfiggere il localismo e promuovere un sistema istituzionale più efficiente, semplificare e snellire le procedure burocratiche e amministrative per rendere la vita più facile ai cittadini, tagliare la spesa corrente riorientando le risorse verso investimenti a tutela dell’ambiente e alla valorizzazione del territorio, sono gli obiettivi che ci siamo dati con questo progetto di riforma”
Soffermandosi sugli aspetti più dibattuti, anche all’interno della maggioranza, della riforma, Baiardini ha evidenziato che le Comunità “potranno intervenire sul mercato solo con apposite società di scopo che opereranno in regime di concorrenza e senza alcun tipo di vantaggio competitivo rispetto ai privati “. La soglia dei 25 mila abitanti per aderire alle Comunità montane “servirà per focalizzare l’attenzione sulle realtà minori e maggiormente bisognose di strumenti e di una organizzazione istituzionale snella ed efficiente”.
La polemica sul diverso numero tra Ambiti territoriali integrati (4) e Comunità (5) è “falsa, in quanto si tratta di una scelta compiuta per organizzare in modo più funzionale gli aspetti di cui si occuperanno i rispettivi modelli organizzativi”. Ci saranno economie di bilancio “perché si passerà da 9 a 5 presidenti con indennità parametrate agli amministratori di un Comune di 10 mila abitanti e da circa 90 assessori ad un massimo di 25.
Il relatore di minoranza Andrea Lignani Marchesani ha parlato di “incongruenza, mancata sincronia temporale con il livello nazionale, mancanza di coraggio nello spingere realmente sull’acceleratore tagliando in maniera coerente e radicale dei carrozzoni che oggi non trovano, così come conformati, alcuna giustificazione“. Per il consigliere di Alleanza nazionale “non si può scindere un iter di riforma endoregionale senza aver ben chiara la volontà ultima che dovrebbe essere da tutti condivisa di creare una forte identità regionale, una consapevolezza diffusa che le grandi sfide che attendono la nostra regione possono essere vinte con un processo di razionalizzazione che vada di pari passo con un’evoluzione comunitaria che vinca particolarismi e localismi.” Il giudizio negativo nei confronti della legge è assoluto: ”una riforma monca che riesce a scontentare categorie, dipendenti e soggetti istituzionali il più delle volte funzionali e fiancheggiatori del sistema politico del centrosinistra.
La previsione di cinque zone omogenee è stata frutto più di un compromesso di natura esclusivamente partitica che di una seria analisi territoriale della conformazione morfologica dell’Umbria: istituire 4 Ati e al contempo cinque Comunità montane non semplifica il quadro istituzionale ma lo rende al contrario più complicato”.
Infine sul cavallo di battaglia della CdL “sull’accesso al mercato c’è un compromesso politico che non affronta il mercato e che permetterà alle Comunità di fare concorrenza ai privati creando in più altre società partecipate. Apprezziamo la riduzione di presidenti e assessori ma questo non basta: deve essere previsto un amministratore unico, il presidente, e devono essere abolite le giunte”.
I Verdi civici mantengono le perplessità, “ma le modifiche introdotte con gli emendamenti della Giunta che recepiscono molte delle nostre osservazioni, ci spingono a trasformare il nostro iniziale voto contrario in una astensione: è incoraggiante che l’Umbria sia la prima regione a varare questo tipo di riforma.”
Per FI “Da tutte le iniziative di partecipazione è emersa la denuncia dei rischi di concorrenza delle Comunità montane nei confronti dei privati sui lavori da eseguire: ricordo che non sono imprese e come tali non possono fare concorrenza, di fatto, ‘sleale’. La riforma, dunque, non tocca affatto il punto vero di questi enti,”
Per l’UDC “sarebbe stato più giusto ridurre a sole due le Comunità montane facendo riferimento al territorio delle due province, con successiva individuazione di sub-zone montane su cui intervenire in modo specifico. Ma sarebbe stato positivo anche scendere a quattro Comunità montane coincidenti con i quattro Ati”.

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