Per molti anni in Italia s’era diffusa la voce che gli operai impiegati nel rimboschimento di alcune regioni del sud, per paura di perdere il lavoro, dessero fuoco ai boschi. Un po’ come Penelope disfacevano di notte quello che avevano fatto di giorno.
Ora sta diventando un affare economico l’anidride carbonica che gli alberi sono in grado di assorbire. Si è creato un mercato dove praticamente ognuno può vendere l’aria buona che produce a quelli che invece producono aria inquinata. Le intuizioni di chi qualche anno fa (prima della crisi dei rifiuti) pensò di vendere “aria di Napoli” in scatola, seppur in forma diversa, appaiono sempre più praticabili ed attuali.
In Brasile sono già partiti. Famiglie autoctone (indios) dello Stato di Amazonas, il più grande dell’Amazzonia brasiliana, riceveranno dal governo risorse mensili per preservare la foresta. I fondi verranno dalla vendita i “buoni-CO2” sul mercato internazionale e 8.500 famiglie riceveranno da 50 a 600 real (da 20 a 400 euro al mese, a seconda del loro impegno nella protezione dell’ambiente in cui vivono).
L’Istituto di ricerche ambientali dell’Amazzonia (Inpe) ha calcolato che la foresta ancora i piedi in Amazonas sia in grado di sottrarre dall’atmosfera 113 milioni di tonnellate di CO2 all’ anno. Vendendo buoni di credito CO2, a Paesi industriali che inquinino al di sopra del tetto previsto dal protocollo di Kyoto, il governo di Amazonas ritiene i poter raccogliere circa 12 milioni di euro all’ anno.
- Redazione
- 14 Luglio 2007
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