Con l’aumento del costo del petrolio, tanto più significativo in quanto avviene in un periodo in cui nel nord del mondo le necessità di riscaldamento sono ridotte, e la prospettiva della scarsità di produzione dell’oro nero entro cinque anni, tornano di attualità i motori ad aria compressa. Novità arrivano e riguardano sia l’utilizzo dell’aria come integrazione del carburante tradizionale, sia vere e proprie auto ad aria.
In Messico, un gruppo di studenti di ingegneria dell’Università Ibero-americana di Città del Messico, hanno realizzato il disegno teorico del progetto di un motore che sfrutta l’aria autoprodotta dai veicoli, l’hanno riprodotto al computer e hanno poi costruito il prototipo, verificandone il funzionamento. Il motore, utilizza un compressore collegato alle ruote del veicolo, in modo da comprimere l’aria nei momenti di frenata e nelle discese. In questo modo, si immagazzina l’aria in un serbatoio e la si utilizza per far funzionare il motore, riuscendo così a ridurre il consumo di combustibile. Un meccanismo simile a quello di cui sono dotati i veicoli ibridi che utilizzano due motori congiunti, uno a benzina e l’altro elettrico.
Già da una quindicina di anni un ingegnere francese, Guy Nègre, sta lavorando ad un motore ed ad una auto ad aria, ma fino ad ora sembrava proprio “aria fritta”. Modelli come “Eolo”, presentati alcuni anni fa con gran clamore, non hanno poi superato la fase di prototipo. Ma la ricerca è andata avanti, o così sembra, se la Tata, il più grande gruppo automobilistico indiano, appena reduce da un ambizioso accordo strategico con la Fiat, ha annunciato che metterà in commercio, nell’agosto 2008, le prime seimila Citycat, macchine ad aria compressa capaci di andare a 100 km l’ora ed a emissioni zero, neanche una molecola di anidride carbonica e di effetto serra. Con un euro e mezzo (contro i 60-70 degli altri) la macchina ad aria vi porterà per 200 chilometri.
Sostanzialmente, si tratta di un motore a due cilindri, dentro cui si muove un pistone. Grazie ad un particolare design, il pistone non si muove in sincronia con l’albero motore. Per il 70% del tempo di rotazione dell’albero motore, il pistone resta fermo in cima al cilindro, consentendo alla pressione interna di crescere. Questo ritardo aumenta l’efficienza complessiva del motore, che si mette in azione quando l’aria compressa, sparata nel cilindro, fa muovere il pistone, esattamente come succede con il motore a scoppio. Quando l’auto si ferma, si ferma anche il motore, che riprende a funzionare quando si pigia l’acceleratore. Il costo, di acquisto, dovrebbe essere di circa 10 mila euro.
Non è chiaro come la Tata abbia superato gli inconvenienti che avevano fino ad oggi bloccato la produzione industriale dell’auto ad aria. Si era scoperto che la temperatura dell’aria (quella che esce dal tubo di scappamento è, infatti, a meno 15 gradi) è all’origine del più consistente dubbio che i tecnici avanzano verso il motore ad aria compressa. L’aria così fredda, infatti, gela la condensa nei condotti di aspirazione bloccandone il funzionamento. Peraltro per arrivare alle prestazioni dichiarate l’auto deve essere straordinariamente leggera, e la Citycat è quasi tutta in fibra di vetro, molto fragile per reggere i normali test di sicurezza. Ma se il progetto decollasse davvero, l’auto ad aria raffredderebbe anche l’ambiente. Visto che gli indiani sono in grado di far danzare i serpenti soffiando in un “piffero”, forse è meglio non essere troppo scettici.
- Redazione
- 22 Luglio 2007
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