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La presenza a livello del suolo, aumentata di sette volte nell'era industriale, sarebbe responsabile del ridotto assorbimento dell'anidride carbonica da parte delle piante

Fra le cause dei cambiamenti climatici ce ne sarebbe una che è stata sottovalutata: l’ozono a livello del terreno. Una sottovalutazione che confermerebbe quanto ancora c’è da capire del mondo che ci circonda, l’ignoranza sui suoi meccanismi di funzionamento e quindi la presunzione “criminale” di chi vuole modificarli senza conoscerli.
Secondo uno studio pubblicato da Nature, il contributo dell’ozono, che impedisce alle piante di assorbire la CO2, è doppio rispetto a quanto stimato in precedenza.
Gli effetti dell’ozono ad alta quota sull’effetto serra erano già noti: questo gas intrappola il calore che altrimenti sarebbe disperso nello spazio. I ricercatori dell’università inglese di Exeter si sono concentrati invece su quello a bassa quota, e sugli effetti indiretti che può avere nel riscaldamento globale dovuti all’azione sulle piante.
I danni provocati dall’ozono sono visibili soprattutto sulle foglie. Questa sostanza, che si forma per reazione fotochimica tra l’ossigeno dell’aria e altri gas serra come metano e monossido di carbonio, entra nelle foglie attraverso i pori e danneggia le cellule producendo sostanze dannose, e diminuendo l’efficienza della fotosintesi, cioé il meccanismo con cui la CO2 viene catturata. Una diminuzione della produttività si traduce quindi in una maggior quantità di anidride carbonica nell’atmosfera.
Il contributo dato al riscaldamento terrestre fino al 2100 dall’ozono nell’alta atmosfera è valutato in 0,89 Watt su metro quadrato, mentre quello dell’ozono a quote basse tra 0,62 e 1,09. Questi numeri sono comunque molto alti, se si pensa che nell’era preindustriale questo valore era 0,05, mentre fino al 2000 è indicato dall’Ipcc intorno a 0,38.

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