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Le favorevoli prospettive di mercato hanno attirato investimenti per passare all'utilizzo di scarti di altre sotto-lavorazioni

Mentre la seconda generazione di impianti per la produzione di biodiesel stenta ad affermarsi in quanto devono essere ancora ammortizzati gli investimenti per impianti di prima generazione, nel campo della produzione di plastica da prodotti vegetali la seconda generazione impiantistica è ormai una realtà.
In provincia di Bologna si sta già infatti già realizzando un progetto per produrre “PLA” (ploylactic acid) ossia una resina, che può essere utilizzata al pari delle plastiche tradizionali, non da amido di cereali ma da prodotti di origine vegetale ad elevato contenuto di zucchero, come ad esempio scarti della barbabietola da zucchero.
A regime, nel 2009, il primo stabilimento sarà in grado di produrre circa 10.000 tonnellate di PLA all’anno. Giusto in tempo per partecipare al “banchetto” che si prospetta a seguito della entrata in vigore del divieto dell’impiego dei sacchetti di plastica tradizionali. 
La bioplastica rappresenta probabilmente il futuro, in alternativa alle classiche plastiche prodotte a partire dal petrolio. Ciò è essenzialmente riconducibile, come molti sapranno, a due fattori principali. In primo luogo, l’emergenza rifiuti: i prodotti in plastica tradizionali richiedono tempi lunghi per essere assorbiti dalla naturaUna bottiglia di plastica necessita ad esempio di 400 anni per decomporsi, una sacchetto di plastica può galleggiare per secoli nel mare senza che alcun batterio riesca ad attaccarlo.
La necessità di smaltire i rifiuti in plastica, di conseguenza, richiede soluzioni immediate che purtroppo presentano elevati costi in termini economici, ma anche ambientali; l’incenerimento della plastica ad esempio comporta l’emissione di tossine, il riciclaggio ha costi elevati e il deposito in discarica richiede tempi di stoccaggio decisamente elevati.
In secondo luogo, il progressivo esaurimento delle riserve petrolifere: il settore petrolchimico sarà soggetto a costi crescenti per l’approvvigionamento della materia prima.
La produzione di plastica tradizionale ha quindi un futuro incerto e con ogni probabilità in declino.
Il mercato quindi richiede in misura crescente prodotti alternativi con maggiore compatibilità ambientale e che partano da materie prime diverse dal petrolio.
La risposta è rappresentata dalla bioplastica, che da diversi anni viene prodotta a partire dai cereali e che nell’ultimo periodo sta trovando crescente approvazione dal mercato.
Il mercato quindi richiede sempre maggiormente bioplastiche, ma l’offerta è ancora decisamente insufficiente rispetto alla crescente domanda e soprattutto se la si considera proiettata anche sul breve periodo.
Esiste quindi spazio nel mercato per nuovi attori e la nuova impresa si presenta non solo per sfruttare questa opportunità, ma anche utilizzando con un nuovo metodo di produzione di bioplastica che utilizza come materia prima elementi vegetali ad alto contenuto di zucchero, tra cui anche scarti della lavorazione della barbabietola da zucchero.
In Nuova Zelanda si sta sperimentando la produzione di biofuel dal latte. Il prodotto “Gull Force 10 biofuel” è una miscela di benzina mescolata con bioetanolo al 10%. L’etanolo è ricavato dal siero di latte che è un sottoprodotto naturale dell’industria lattiera in Nuova Zelanda.
Il progetto di Bio-on è molto interessante per vari motivi.
In primo luogo il PLA prodotto è connotato da un basso impatto ambientale, in quanto i tempi di decomposizione sono notevolmente ridotti e ciò contribuisce alla riduzione dell’emergenza rifiuti a livello globale.
Allo stesso modo anche il processo produttivo, che è stato messo a punto per coesistere con i più moderni zuccherifici, è ecocompatibile e non energivoro: l’attività produttiva è quindi chiaramente più sostenibile dal punto di vista ambientale rispetto al processo produttivo della plastica tradizionale.
Anche il progetto di sviluppo della società prevede stabilimenti autonomi, che potranno essere replicati dove la domanda richiederà il prodotto, al fine di evitare l’impatto ambientale dei costi di trasporto a livello internazionale.
Non si dimentichi infine che il punto di partenza, rispetto alle pur lodevoli attività di creazione della bioplastica a partire dai cereali, è rappresentato da elementi vegetali ad elevato contenuto di zucchero, compresi scarti di lavorazione di vegetali quali la barbabietola da zucchero, senza richiedere di rinunciare all’impiego della materia prima a scopi alimentari (in questo senso, il cereale potrebbe tra l’altro essere più soggetto a fluttuazioni dei prezzi).

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