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Un'indagine a Terni evidenzia l'esigenza dei pensionati di non sentirsi "scarpe vecchie"

La qualità della vita dell’anziano è strettamente collegata al suo rapporto con la salute ed al suo bisogno di protagonismo; questi sono, infatti, i principali indicatori che determinano il suo livello di benessere, sia psicologico che sociale.
E’ questo il dato più significativo che emerge da una complessa ricerca promossa dall’assessorato provinciale di Terni ai “Servizi sociali” e realizzata dal “Centro studi e ricerche economiche e sociali” (Ce.St.R.E.S.).
I due aspetti sono da considerare interdipendenti, stante il risultato delle ricerche che hanno evidenziato come la mancanza di “depressione” negli anziani sia un fattore decisivo nella comparsa o meno di malattie organiche.
Il fatto dovrebbe imprimere una spinta più forte alle politiche atte ad “occupare” con soddisfazione il tempo di chi è uscito dal mondo del lavoro.
Il risparmio che si può ipotizzare nella spesa per cure mediche ai pensionati dovrebbe essere una dote da spendere per contribuire a dare agli anziani una ragione in più, anche di tipo economico, per restare “arzilli”.
Scopo dello studio ternano è stato quello di delineare la nuova qualità della vita degli anziani e le strategie per un invecchiamento in buona salute. La ricerca – come ha affermato il coordinatore dell’iniziativa, il dr. Maurizio Volpini – ha coinvolto 241 anziani (53% uomini e 46% donne) in età compresa tra i 53 e gli 85 anni (67 anni circa l’età media).
Il campione è stato suddiviso in 3 fasce d’età e secondo alcune variabili: reddito, stato civile, credo religioso, livello d’istruzione. Il 58% degli intervistati è residente a Terni, la parte restante in vari centri della provincia.
Per la realizzazione dell’iniziativa sono stati coinvolti i 32 Centri sociali e rappresentanti del sindacato, delle associazioni di categoria e del volontariato. Si attestano intorno al 10% gli anziani il cui livello di qualità della vita, in termini di benessere percepito, appare molto basso, ovvero vivono forme di disagio esistenziale, vivono ripiegati su se stessi, sono delusi dalla vita, con scarsi affetti costruiti, con relazioni essenziali, per lo più privi di partner e caratterizzati da una forte rabbia nei confronti della società.
Hanno condizioni di salute precarie o ridotta autonomia, sono dotati di scarse risorse ed energie personali per far fronte alle necessità della vita quotidiana perché condizionati da fattori economici o culturali o da particolari assetti psicologici. Hanno un’età intorno ai 75 anni e vivono indifferentemente in città o in provincia. Articolato, invece, il giudizio fornito in merito al ruolo delle Istituzioni che viene apprezzato sul piano delle sforzo complessivo, ma, non di meno, ritenuto insufficiente.
Gli anziani, in sostanza, hanno bisogno di adeguate politiche sociali finalizzate alla prevenzione di situazioni che possano generare povertà e diano più sicurezza, riducendo le microfratture socio-esistenziali sempre più frequenti oggi.
Secondo gli anziani intervistati, le Istituzioni ed il sistema politico-istituzionale nel suo complesso non sembrano disporre di un progetto generale per far fronte al crescente peso che essi assumono all’interno della società.
Forti preoccupazioni vengono manifestate sulla società attuale soprattutto in merito alla riduzione di alcuni valori, come la solidarietà, il rispetto reciproco, i livelli di onestà e fiducia. La famiglia e soprattutto la vita di coppia appaiono importanti per la qualità della vita degli anziani che avrebbero bisogno, su questo fronte, di politiche sociali appropriate.
Di qui l’urgente necessità di affrontare i problemi delle persone non autosufficienti, con particolare attenzione ai temi dell’anziano disabile in famiglia, del rapporto con le badanti, del ruolo dell’assistenza domiciliare, delle residenze protette e delle case di riposo. Altrettanta attenzione dovrebbe essere posta ai luoghi di lavoro, per renderli più promotori di salute e più capaci di prevenire.

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