Ora che Villa Faina, sede del Comune di San Venanzo, è stata riportata all’antico splendore e con l’inaugurazione, attraverso una pubblicazione, si fa un escursus della sua storia e del suo passaggio da residenza nobiliare a palazzo municipale, è forse opportuno ricordare anche le considerazioni che portarono all’acquisto, nel 1962, della Villa.
Il Comune, allora, per quanto riguarda il capoluogo, aveva di fronte i seguenti problemi da risolvere: costruzione della sede per la nuova scuola media obbligatoria, istituita dal 1963; realizzazione della scuola materna, ubicata al piano terra delle elementari, con annessa abitazione per le suore, allora sistemate in un vecchio fabbricato di proprietà del Conte Faina in piazza Roma; creazione di un archivio, sopraelevando la sala di musica, non trovando più capienza nella angusta sede comunale; costruziione di una torre per collocarvi i serbatoi dell’acquedotto pubblico, posti sulla soffitta del palazzo municipale, che presentava segni di instabilità, tanto da essere motivo di una preoccupata segnalazione scritta da parte degli impiegati in data 20 dicembre 1962.
In questo contesto si presentò l’occasione dell’acquisto della Villa Faina, a seguito della morte, senza figli, del Conte Claudio Faina. Il sindaco Alfredo Rotti era fortemente invogliato di acquisire l’immobile al Comune per “aprire” alla comunità la Villa e il suo parco. Operazione che, contestualmente, avrebbe consentito di risolvere anche i problemi prima esposti, in quanto, trasferendo la sede del Comune nel palazzo della Villa, la materna e l’abitazione delle suore potevano essere spostate nella vecchia sede comunale e la scuola media allocata sotto le elementari, mentre l’archivio avrebbe trovato posto al piano terra della Villa ed il serbatoio dell’acquedotto essere collocato nella torre già esistente all’interno del parco. In più, nell’ala sinistra della Villa potevano ricavarsi 4 appartamenti per i dipendenti comunali.
Non solo. L’apertura del parco al pubblico, oltre al godimento dello stesso da parte degli abitanti, avrebbe comportato una valorizzazione del paese e avrebbe costituito un contributo alla ripresa economica di San Venanzo, soggetto ad un massiccio spopolamento della campagna che, dal censimento del 1951 a quello del 1961, aveva portato ad una riduzione della popolazione da 5.202 a 3.883 abitanti.
Il sindaco chiese al sottoscritto di fare un raffronto tra i costi delle due soluzioni: o la costruzione ex-novo di tutte le opere di cui sopra, o acquisto e ristrutturazione della Villa. Dai conteggi da me eseguiti in data 21 aprile 1962 veniva a risultare (secondo calcoli dettagliati che per motivi di spazio non possono essere riportati) che l’acquisto di Villa Faina avrebbe comportato una maggiore spesa da parte del Comune di 1.169.626 lire all’anno per 35 anni.
Nella relazione, traevo la conclusione che l’onere era pesante per un bilancio che, nel 1962, presentava una spesa corrente di sole lire 46.433.978 e con una economia in regresso. Il sindaco, però, non dette retta alle aride cifre perchè, da quell’uomo intelligente che era, intuì già 45 anni fa il valore che la Villa avrebbe avuto per San Venanzo. Cosa sarebbe infatti oggi San Venanzo senza la Villa?
Io, guardando più alle esigenze di bilancio che in effetti – pur non essendone ufficialmente responsabile (ma con l’andirivieni di segretari dopo la dipartita, nel 1956, del segretario Mineo) – tenevo in mano, sono contento di avere avuto torto.
Ad Alfredo Rotti, che è stato il primo sindaco eletto del dopoguerra e che, al di là delle valutazioni politiche, peraltro ormai sopite dal tempo, ha segnato, a mio parere positivamente, per un quarto di secolo la vita di San Venanzo, penso che vada riconosciuto il merito di avere acquisito alla comunità un gioiello di cui la comunità è oggi giustamente orgogliosa.