L’avevamo anticipato una quindicina di giorni fa ed ora tutti i “soloni” della politica inondano le redazioni dei “media” italiani con i complimenti al Governatore della Banca d’Italia che si è accorto, bontà sua, solo ora che “nel confronto internazionale i livelli retributivi sono in Italia più bassi che negli altri principali paesi dell’Unione europea”.
Ci sono voluti, a Mario Draghi, cinque anni per scoprire quello che i cittadini comuni sapevano da subito e cioè che “secondo i dati Eurostat relativi alle imprese dell’industria e dei servizi privati nel 2001-2002 la retribuzione media oraria era, a parità di potere d’acquisto, di 11 euro in Italia, tra il 30 e il 40% inferiore ai valori di Francia, Germania e Regno Unito”. Una inferiorità che non è certo diminuita nel frattempo, ma che l’averla negata fino ad ora ha portato giovamento solo al mondo dei datori di lavoro.
Solo dopo che quest’ultimo si è portato a casa il suo “tesoretto”, si scoprono i disagi dei poveri lavoratori, che hanno trovato una “valvola” chiusa nei vasi altrimenti comunicanti generati dall’unione monetaria europea. I prezzi italiani, prima contenuti dal basso livello dei redditi nazionali, sono subito schizzati all’insù per allinearsi in euro a quelli più alti di Germania e Francia.
Viceversa il blocco politico industriale: riformisti – confindustriali, agitando al vento, come diversivo, problemi quali le pensioni, hanno tenuto in scacco le retribuzioni e realizzato super profitti per allineare il loro stile di vita a quello dei più grossi magnati esteri.
Ma il “troppo strozza” ed ora i nostri industriali incapaci di utilizzare i proventi indebitamente percepiti per rendere almeno competitiva l’industria italiana, sono alla disperata ricerca di chi, comprando i loro prodotti, possa mantenere la “cuccagna”, la loro.
Da qui il messaggio di Draghi, che rivela la sua tendenza filo industriale, mettendo in campo un’altra di quelle proposte di allineamento all’Europa che presto, ci si può scommettere, diventeranno il leit motiv di tutta la stampa “libera” italiana, perché funzionali a certa economia “accattona” che ancora spadroneggia in Italia.
“L’Italia – ha osservato Draghi – mostra, come la Francia, un profilo ascendente per età, mentre in Germania e Regno Unito il profilo è a U rovesciata: le retribuzioni raggiungono un apice in corrispondenza delle età più produttive, calano negli anni successivi”.
Ma questo solo per poter dire che così calcolando le differenze calcolate da Eurostat calano da quel 30-40%, infatti, dice il Governatore “le retribuzioni mensili nette italiane risultano in media inferiori di circa il 10% a quelle tedesche, del 20 a quelle britanniche e del 25 a quelle francesi”.
I più bassi salari d’ingresso – mette in evidenza il numero uno di Palazzo Koch – in un contesto in cui quelli medi nell’economia hanno continuato anche solo moderatamente a crescere, non hanno schiuso profili di carriera più rapidi. la riduzione del reddito da lavoro appare, almeno in parte, di natura permanente e, cosa più importante per le decisioni di spesa, è percepita come tale dai lavoratori”.
Aspettiamo ora Draghi ad un altro appuntamento quando scoprirà che solo il “vecchio” sistema pensionistico italiano è stato il collante che ha tenuto in piedi tante famiglie italiane, impedendo la disperazione di giovani disoccupati o sottopagati, garantendo quell’assistenza sociale agli anziani non autosufficienti che per il mondo dell’industria sono solo in età non più produttiva.
In allegato il testo integrale della relazione del Governatore
- mcb
- 29 Ottobre 2007
Condividi su facebook
Condividi su twitter