La tendenza, con grosse polemiche (Terni, Gubbio, forse Bastardo, ecc), all’incenerimento dei rifiuti in Umbria ha una spiegazione economica.
L’associazione dei produttori di energia rinnovabile (Aper) ha elaborato in collaborazione con i ricercatori del dipartimento di Ingegneria elettrica dell’università di Padova il primo studio sui costi di generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili, che mira a rispondere prima di tutto ad un quesito: quanto costa produrre energia da fonti rinnovabili in Italia?
Questi i costi di produzione dell’elettricità a seconda dei vari sistemi:
Idroelettrico da 11,6 centesimi a 20, 6 kWh: a secondo che il salto d’acqua sia alto o basso ed a seconda della grandezza dell’impianto. C’è da notare, però, che i grandi salti d’acqua non sfruttati sono ormai praticamente inesistenti, per cui anche gli impianti ancora realizzabili sarebbero di taglia piccola e quindi con un costo energia più elevato.
Questa regola (economia di scala) vale anche per gli impianti seguenti:
Eolico da 12,7 centesimi a 13,6 a seconda della grandezza dell’impianto
Fotovoltaico da 41 a 50,1 a seconda della grandezza dell’impianto
Combustione biomasse 23,4
Combustione rifiuti (gratuiti) 13,5
Combustione oli vegetali 17,1
Combustione biogas da discarica 14,9
Combustione biogas da digestione anaerobica 14,3
L’Aper, comunque, fa interessanti considerazioni, riportate dal quotidiani telematico greereport, che vanno tenute presenti.
Un aspetto di grande interesse è la dinamica di riduzione di costi sperimentata nell’ultimo decennio in alcuni settori, come il fotovoltaico, che lascia intuire le buone possibilità di lungo periodo per queste tecnologie. Tuttavia, la fase di mercato contingente con forte domanda sul mercato internazionale presenta alti prezzi per i componenti, soprattutto degli aerogeneratori degli impianti eolici. La speranza di Aper è che questi siano da imputare alla particolare fase di mercato caratterizzata da un eccesso di domanda e che quindi possa essere superata con il tempo, ampliando magari la stessa offerta.
Aper sottolinea il contributo che il fotovoltaico può dare in termini di copertura della punta di domanda di potenza: la disponibilità dei 2.000 MW di picco installati in Germania nelle soleggiate mattinate estive, che registrano i picchi di carico sulla rete italiana, avrebbero un valore che non è certamente apprezzato nel semplice calcolo dei costi del kWh prodotto.
Per quanto riguarda la biomassa, che nei programmi nazionali dovrebbe incrementare in modo importante il proprio contributo, rimangono diversi problemi, legati in modo particolare al costo di acquisizione della materia prima in quantità sufficienti per alimentare gli impianti di dimensioni tali da conseguire le economie di scala possibili. La scarsità, la discontinuità di disponibilità e la dimensione locale del mercato della biomassa di fonte nazionale mettono in luce la difficoltà ad avviare questo settore industriale senza il ricorso alle importazioni massicce di legna di scarto da altri continenti.
L’utilizzo di oli vegetali rappresenta invece per Aper una filiera interessante: “Le perplessità in merito all’uso di oli di importazione per ragioni di tipo ambientale sembrano immotivate. Il trasporto incide in modo minimo sui costi ambientali della materia prima e la sostituzione di olio fossile importato con olio vegetale importato rappresenterebbe comunque un miglioramento”.
In realtà le perplessità ambientali sono legate sì al trasporto del materiale (dal punto di vista dell’inquinamento prodotto durante i viaggi) ma soprattutto dalla prassi che oggi vede i Paesi esportatori disboscare territorio vergini per far posto alle piantagioni che producono olio vegetali per i Paesi sviluppati. E il bilancio ambientale con il drastico taglio delle foreste tropicali non può che essere negativo.
Lo studio commissionato dall’Aper riconosce poi al settore dell’eolico di aver raggiunta una rilevanza visibile in campo nazionale, superando i 3.000 MW di potenza installata: è sempre pochissimo in relazione a quanto fatto in Europa, ma è un passo importante per dimostrare la fattibilità concreta della tecnologia in Italia. Rimangono delle difficoltà sul piano autorizzativo che sono difficili da comprendere, legate a concetti soggettivi come quello della bellezza.
Un nuovo tipo di impianto eolico ha fatto tuttavia un altro passo in avanti e c’è da sperare che soddisfi sia gli amanti della bellezza sia i protettori dei volatili,
Il progetto Kite Gen, all’avanguardia di una rivoluzione nei metodi per produrre energia pulita dal vento, ha concluso il mese scorso un nuovo ciclo di sperimentazioni, in collaborazione con la Regione Piemonte e il Politecnico di Torino, su una versione migliorata del prototipo mobile denominato “KSU1”, in grado di pilotare un profilo alare di potenza ( di fatto un grosso aquilone) e convertire in energia la trazione esercitata.
I test hanno fra l’altro permesso il raggiungimento della altezza di 800 metri dal suolo, quota rappresentativa delle future installazioni industriali.
La fonte energetica, attualmente non sfruttata e disponibile ovunque, è il vento in quota, raggiunto tramite batterie di grandi profili alari di potenza, i cui movimenti sono controllati elettronicamente via sensori e software proprietario. I profili alari sono ancorati ad una struttura a livello suolo, che viene trascinata ruotando lungo un asse verticale e nella quale avviene la generazione di energia.