L’articolo pubblicato da “Tam Tam” a novembre dello scorso anno, nel quale auspicavo una ricerca sulla presenza dei prigionieri austro-ungarici nel sanvenanzese, dove eseguirono la piantagione delle pinete del Peglia e la costruzione della strada San Vito in Monte-Migliano, ricerca finalizzata alla creazione di un Centro di documentazione storico-didattico, è stato come l’inizio dello scavo di una miniera, la cui vena si presenta molto promettente.
Infatti, subito dopo l’articolo, sono saltate fuori alcune foto dell’epoca che, qualche anno fa, un signore di una certa età recapitò a San Vito in Monte ritenendo doveroso far riemergere dai suoi ricordi di famiglia le testimonianze che facevano parte della storia del luogo.
Seguendo questo filone, è venuto fuori che l’ufficiale comandante dei prigionieri, o meglio dei soldati preposti alla sorveglianza degli stessi, sembra che fosse figlio del segretario dell’allora Comune di San Vito: certo Iannuccelli o simile (anche allora c’era chi poteva fare il servizio militare “a casa”!). Il nome esatto è facilmente verificabile dai registri delle deliberazioni del Consiglio, conservate presso il Comune di San Venanzo, al quale quello di San Vito in Monte venne aggregato nel 1929.
Quell’anziano signore era, ed è, uno dei figli di quel comandante, un professore di matematica in pensione, ora sulla ottantina, personaggio conosciuto ad Orvieto col nomignolo di “Lollo”, il quale ha anche un fratello, sempre nell’orvietano. Contattato tramite un mio parente, il professor “Lollo” mi ha fatto avere un dischetto con una ventina di fotografie, che vanno dal 1916 al 1918.
Nelle foto sono ritratti gli abitati di Ospedaletto e di San Vito e dintorni e gruppi di soldati e prigionieri, intenti questi ultimi ad eseguire lavori vari, come la spalatura della neve e anche lo sbancamento della strada San Vito-Migliano. In altre sono ritratti l’alveo di un tratto del Fersenone e un gruppo di ufficiali “in missione” nella piazza del Duomo di Orvieto.
Precedentemente al mio articolo, da una sommaria ricerca effettuata da altri nell’archivio della Villa Faina di Spante e da testimonianze raccolte sul posto, erano già emerse notizie sul dormitorio dei prigionieri, sull’infermeria e su episodi vari.
La mia proposta traeva spunto dalla legge 78/2001 che promuove la ricognizione, catalogazione, manutenzione, restauro, gestione e valorizzazione delle vestigia della Prima guerra mondiale, fra cui anche archivi documentali e fotografici pubblici e privati, relativi ad entrambe le parti in conflitto.
Un compito di tale portata non può essere affidato ad iniziative sporadiche di singoli, ma richiede un progetto di ricerca vero e proprio. Infatti, per il perseguimento delle sue finalità, la citata legge prevede la cooperazione di varie Amministrazioni statali: Ministeri dei Beni Culturali, della Difesa e degli Esteri. La collaborazione, in particolare col Ministero della Difesa, con i suoi Archivi storici militari, potrebbe essere preziosa, specialmente se consentisse di ottenere l’elenco dei prigionieri ospitati sul Peglia e, quindi, di stabilire rapporti con i luoghi di origine degli stessi.
Nel Centro di documentazione ipotizzato non è detto che debba essere raccolto solo il materiale documentale e fotografico relativo alla presenza dei prigionieri (circa 200) e ai lavori da essi eseguiti, ma può essere arricchito con tutto ciò che caratterizzava la vita del soldato in guerra, dalla dotazione di oggetti personali (vestiario, elmetti, gavette, zaino, ecc.), al vitto, agli attendamenti, ai tipi di armi, alle trincee e fortini, rappresentati con reperti reali o con illustrazioni fotografiche. Il Centro potrebbe essere completato da libri sulla storia della Grande Guerra, da racconti e testimonianze di singoli soldati.
Per l’ideazione di un simile Centro ci si può avvalere dell’esperienza di Comuni delle zone che furono di guerra e che hanno già attuato la legge. Cito ad esempio Recoaro Terme, il quale, da notizie dirette, mi risulta che nel 2006 stava predisponendo due progetti: uno per il restauro e la valorizzazione delle memorie storiche del Pasubio (trincee, fortini, ecc.), con un investimento di 1 milione di euro, ed un altro per la realizzazione di un Museo del Soldato.