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La Fao e l'ONU chiedono di fermarsi sulla strada dell'utilizzo dei prodotti agricoli per fare biocarburanti

Chiesta la moratoria sui biocarburanti. A scendere in campo Jean Ziegler della commissione diritti umani delle Nazioni Unite. Più volte, in questi ultimi tempi, da più parti, si erano levate voci autorevoli di dissenso all’uso indiscriminato dei prodotti agricoli per la produzione dei biocarburanti. Jean Ziegler, che si occupa principalmente di diritto al cibo, ha chiesto di rimandare di 5 anni l’introduzione dei biocarburanti ottenuti da generi alimentari.
Il motivo è semplice: convertire mais, grano e altri cereali in carburante sta facendo lievitare i prezzi del cibo, della terra necessaria a coltivarlo e dell’acqua indispensabile per farlo crescere, soprattutto quando i biocarburanti ricevono una sovvenzione governativa.
La popolazione denutrita in Africa è passata dagli 81 milioni nel 1972 ai 202 milioni di persone nel 2002.
La sua condanna è semplice e chiara: ”Convertire suolo agricolo produttivo in suolo che produce cibo che viene bruciato come biocombustibile è un crimine contro l’umanità. Tutte le cause della fame sono umane, un problema di accesso alle risorse, non di sovrappopolazione o di sottoproduzione.

L’ultimo rapporto Fao sulle prospettive alimentari, afferma che “Raramente il mondo ha provato una tale preoccupazione generalizzata per l’inflazione dei prezzi alimentari, un timore che alimenta il dibattito sull’andamento futuro dei prezzi delle derrate, sia nei Paesi importatori che in quelli esportatori, siano essi ricchi o poveri”. Tra le cause individuate, oltre al livello basso delle scorte mondiali di cereali, c’è anche l’aumento della domanda globale, del prezzo del petrolio e della domanda delle colture impiegate per produrre biocombustibili.
“Per la maggior parte dei cereali – prosegue il rapporto – l’offerta è molto più scarsa che negli ultimi anni, mentre la domanda complessiva, sia ad uso alimentare, che foraggiero ed industriale, è in aumento”. Le scorte, già scarse all’inizio della stagione, secondo la Fao continueranno a diminuire, “perchè la produzione cerealicola mondiale sarà sufficiente solo a soddisfare l’utilizzazione globale prevista”.
Nell’ultimo anno, i prodotti caseari hanno registrato gli aumenti più significativi, oscillando dal +80% al +200% e nel comparto zootecnico, quello avicolo è il settore che ha registrato un incremento del 10%.
L’indagine mette in guardia sull’effetto combinato del prezzo record del petrolio e la volontà di affrontare le questioni ambientali. “Questi fattori potrebbero stimolare nei prossimi anni – prosegue lo studio Fao – la domanda di alcune produzioni alimentari, specialmente zucchero, mais, colza, soia, olio di palma ed altre coltivazioni olearie ma anche cereali”.

Chi invece ha visto un affare nella produzione di carburante vegetale punta a produrne tanto da soddisfare il 20% della domanda mondiale, di carburante, entro il 2030 e raggiungere il 30-40% nel 2060.
Queste sono le previsioni delineati dal presidente della Global Bioenergy Partnership (Gbep) Corrado Clini, nel corso della presentazione del rapporto “A Review of the Current State of Bioenergy Development in G8 +5 Countries” durante il congresso mondiale dell’energia di Roma (fonte Apcom).
Questo scenario si contrappone a quello dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (Iea), secondo cui i biocarburanti arriveranno a coprire non più del 7% della domanda mondiale di carburanti nel 2030. Pari a una produzione complessiva di 36 milioni di tonnellate.
Le due ipotesi appaiono l’una molto ottimistica, l’altra molto pessimistica. Probabilmente lo scenario più verosimile si colloca all’interno di queste due visioni. A sostegno di uno sviluppo dei biocarburanti la loro competitività dinnanzi a un petrolio sempre più caro. Il bioetanolo da mais è competitivo con un prezzo del barile oltre gli 80 dollari, il bioetanolo da zucchero addirittura con un prezzo oltre i 30 dollari al barile. Uno dei motivi che spinse il Brasile ha optare per il biofuel verde negli anni ’80.
Di fronte a questi scenari appare moralmente condivisibile solo lo sviluppo di biocarburante da sottoprodotti o scarti di lavorazione di vegetali come gli scarti del caffé coltivato in Brasile che sono compressi e trasformati in pellets.

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