Un numero crescente di municipi persevera nell’assimilare l’attività agrituristica a quella alberghiera applicando, quindi, ad entrambe le attività la stessa tariffa per lo smaltimento rifiuti (Tarsu).
È quanto denuncia la Cia-Confederazione italiana agricoltori che evidenzia una crescente protesta degli imprenditori agrituristici che sollecitano una pronta soluzione del problema.
A tal proposito la Cia ricorda che a nulla giovano a determinare un giusto atteggiamento dei Comuni sia l’inquadramento legislativo dell’attività agrituristica, connessa a quella agricola; sia le interpretazioni giurisprudenziali e il pronunciamento della Corte di Cassazione del 1990 (n. 2541) che afferma, in modo inequivocabile, che l’attività agrituristica non determina l’esercizio dell’attività alberghiera.
Ma soprattutto viene completamente ignorato il principio ispiratore della Tarsu, che lega il pagamento del tributo alla fornitura di un adeguato servizio.
Ragione per cui la stessa legge quadro – ricorda la Cia – ha previsto una significativa riduzione a favore degli edifici rurali abitativi ricadenti in aree agricole, ritenuti disagiati rispetto al servizio reso. I Comuni, inoltre, proprio per queste ragioni, hanno potestà regolamentare di considerare talune situazioni più disagiate escluse dal pagamento della tassa.
- Redazione
- 10 Gennaio 2008
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