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Il ricordo di una radio per sentire le notizie della guerra e della tanta gente che andava ad ascoltare le prove della Filarmonica di Spina

La tromba ho cominciato a suonarla a orecchio. Dopo pochi giorni cominciavo già a suonarci qualcosa perché la musica un po’ la sapevo e così sono entrato nella banda di Spina che aveva 40 elementi. Le prove le facevamo in uno scantinato di proprietà del Comune sotto alle scuole elementari. Nel locale c’era un tavolino con sopra una radio che era l’unica del paese e c’era anche una specie di bettola che vendeva vino e altri alcolici ma anche caramelle e cioccolate. Ma vendeva poco perché non c’erano soldi. I più anziani ogni tanto ordinavano un bicchiere di vino e lo facevano segnare. Ricordo che quel gestore aveva un quaderno con tante colonne piene di segni.
Questa radio serviva per sentire le notizie sulla guerra. Quando si avvicinava l’ora di sentire il comunicato radio c’era già tanta gente venuta dalle campagne, anche da lontano, alcuni con gli “zocchi” e alcuni scalzi. I fascisti del paese volevano dimostrare la superiorità ai contadini e quando si avvicinavano con gli “zocchi” gli dicevano di fare meno rumore.
Durante il comunicato tutti dovevano levare il cappello e non si poteva parlare. Un giorno il mio babbo mi ha preso per mano e mi ha detto: “Vieni con me a sentire la radio”. Durante il comunicato il mio babbo si è dimenticato di levare il cappello e allora è arrivato un fascista che con una manata in testa gli ha fatto cadere in terra il cappello e ci è andato sopra coi piedi.
Quando sono entrato in banda avevo tredici anni. Dopo poco tempo il maestro mi faceva fare qualche pezzo a solo. Il maestro era molto bravo e veniva da Tavernelle tutti i sabati in bicicletta. Arrivava molto prima dell’ora delle prove perché insegnava musica a tanti allievi.
Questo maestro, che si chiamava Benedetti, sapeva anche scrivere delle bellissime marce per banda. Era però molto severo e fascista. Ricordo che quando è morto siamo andati con la nostra banda al funerale. Uno dei capi fascisti, vicino alla bara, gli ha dedicato un discorso tutto fascista e sfacciato che tanta gente ci è rimasta male.

Nel paese c’era un nanetto che mettevano sopra un camion tutto sgangherato e sul cofano una bandiera fascista. Questo nanetto era molto intelligente. Andavano per le strade in sette o otto armati di bastone. Io ero piccolo ma capivo quello che dicevano: “En da menà, en da menà”. E quando vedevano dei contadini vicino alla strada si fermavano, scendevano dal camion e andavano a menarli. Tutto questo è vero come c’è Gesù in croce.
Il salone, quando c’erano le prove, era sempre pieno di gente che veniva a sentire perché non c’era altro. Il maestro per cena portava sempre una fetta di pane e due piccole mele. E così noi della famiglia, che eravamo a pochi metri dalle scuole, tutti i sabati lo invitavano a cena. Noi della famiglia eravamo quattro musicanti, tre fratelli e un cugino. Io i cilindri della tromba li facevo brillare avendo una grande agilità. E così, una sera, il maestro mi ha portato un foglio di musica molto grande con tantissime note per una tromba solista. Il maestro mi disse: “Questo lo devi fare per sabato”. Io tremavo, a quei tempi si tremava.
Ho cercato di studiarlo meglio possibile ma la musica ne sapevo ancora poca. Il sabato successivo ad un certo momento delle prove il maestro mi ha fatto cenno che toccava a me. Abbiamo cominciato a suonare “Divertimento per tromba” e ad un certo punto, con tutte quelle note, ne ho sbagliata una. Tutti fermi e in silenzio. Il maestro si è alzato e con un bastone rudimentale, non aveva la bacchetta come tutti i maestri, mi ha dato una forte botta in testa dicendomi: “Vai fuori”. Un mio cugino, che mi era vicino, si è subito riscaldato e lui bestemmiando: “Tu stai zitto porca qua porca là”. Nessuno ha potuto dire una parola in più.
Sono andato fuori ma era inverno e avevo i calzoni corti e per ripararmi dal freddo mi sono rannicchiato vicino a un finestrino dal quale vedevo e ascoltavo sempre quel pezzo. Dopo circa tre quarti d’ora il maestro ha detto a uno: “Vai a chiamare quell’individuo”. Così ho ricominciato il pezzo e l’ho suonato fino in fondo senza sbagliare una nota. Il maestro si è alzato di nuovo e mi ha detto: “Ladro, porca qua porca là. tu non dovevi sbagliare. Ladro”. Aveva capito che avevo ascoltato dalla finestrella e non gli andava giù.
Un altro sabato di prove mio cugino è arrivato pochi minuti più tardi perché era andato alla macchia a fare la legna con gli altri della famiglia. Appena è entrato uno dei fanatici (ricordo bene) ha posato il suo basso è andato vicino a mio cugino Giannino e gli ha dato con forza uno schiaffo in una guancia dicendogli: “Arriva prima”. Alla fine delle prove la guancia di Giannino era ancora rossa.

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