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Un genetista dell'Università di Perugia coinvolto nello studio che avvalora la tesi che gli indiani americani attraversarono a piedi l'attuale stretto di Bering

Gli Indiani prima di essere d’America erano asiatici. Poterono arrivare nel Nuovo Mondo dall’Asia quando, circa 20.000 anni fa, l’ultima glaciazione stava per terminare e c’era un ponte di terra che attraversava lo stretto di Bering (Beringia) e che collegava Siberia e Alaska.
Ne è certo un gruppo di genetisti di cui ha fatto parte anche Alessandro Achilli, del dipartimento di biologia cellulare e ambientale dell’Università di Perugia.
Dati genetici raccolti negli ultimi 20 anni e analizzati dal gruppo internazionale coordinato da uno dei pionieri di questo studio, l’italiano Antonio Torroni, del dipartimento di Genetica e microbiologia dell’Università di Pavia, hanno consentito di giungere a questa conclusione che era solo ipotizzata da anni.
Per ricostruire la storia di questa grande migrazione è stata esaminata la parte del corredo genetico di 200 nativi americani, che viene ereditata solo per via materna, il Dna racchiuso nelle centraline energetiche delle cellule, i mitocondri.
Il Dna mitocondriale può essere considerato un registro molecolare della storia umana ha spiegato Achilli.
Calcolando che una mutazione avviene all’incirca ogni 5.000 anni e che i ricercatori ne hanno individuate quattro, risulta che gli Indiani d’America sono presenti sul Nuovo Continente da circa 20.000 anni. 
I genomi  analizzati rappresentano le quattro principali linee panamericane, condivise cioè dalle popolazioni di Nord, Centro e Sud America. “Tutte e quattro le linee – ha osservato Torroni – provengono da un’unica popolazione di origine asiatica”.
Anche da ritrovamenti archeologici risulta che la migrazione è avvenuta lungo la linea costiera. In quel periodo, infatti, la zona centrale dell’Alaska era coperta dai ghiacci.

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