La lettera “Aprite quella chiesa” pubblicata a marzo da TamTam, che ha il pregio di portare allo scoperto una deplorevole situazione che va avanti da anni, mi dà l’occasione di intervenire sulla questione della Chiesa abbaziale dei Santi Fidenzio e Terenzio, nel territorio massetano, e di fare alcune precisazioni.
Innanzitutto occorre ricordare, per quanti non la conoscono, che la chiesa dei Santi Fidenzio e Terenzio non è una chiesetta di campagna come tante altre, alle quali và comunque prestata attenzione e rispetto, ma è un vero capolavoro dell’arte altomedievale e romanica del territorio del comprensorio tuderte e dell’Italia.
Basti ricordare che il complesso, costituito di una chiesa del XII-XIII secolo, di una cripta altomedievale tricora, di una torre campanaria a base quadrata che si innalza su di un tamburo dodecagonale, conserva, oltre a vario materiale di risulta di epoca romana, quasi la metà della scultura altomedievale presente sul territorio dell’antica Diocesi tuderte.
Un po’ di storia. Il monastero dei Santi Fidenzio e Terenzio, insediamento benedettino, nel XIII secolo era già sede di pievania per il territorio massetano, ricco di beni terrieri, casali, opere d’arte.
Alla fine del sec. XVIII il monastero con i suoi possedimenti, insieme a quello vicino di Santa Illuminata, venne concesso in enfiteusi (amministrazione laica di un bene ecclesiastico) alla famiglia Rossi di Valfabbrica, che aveva perciò, insieme al godimento dei beni, l’obbligo del mantenimento della chiesa e del culto della stessa.
Con la soppressione degli Ordini religiosi e l’incameramento dei loro beni operati nel 1860 dal nascente Stato Italiano, la stessa famiglia Rossi, una decina di anni più tardi, riscattava dallo Stato Italiano quanto deteneva precedentemente in enfiteusi, e cioè i locali delle due abbazie, oltre ai terreni e casali annessi.
Rimanevano fuori dal riscatto le chiese dei Santi Fidenzio e Terenzio e di Santa Illuminata che, destinate al culto, rimasero proprietà dello Stato Italiano, confluendo nel “Fondo Edifici di Culto” (FEC), ente statale nato appositamente per dare personalità giuridica e garantire la gestione di quelle chiese che, incamerate a centinaia dallo Stato ma aperte regolarmente al culto, non potevano essere alienate.
Prova ne è che mentre l’atto di riscatto attesta essere venduti alla famiglia Rossi i beni precedentemente goduti in enfiteusi, sottolineando che rimangono alla stessa gli obblighi di mantenimento del culto (non diritti), nelle perizie allegate che stimano il valore dei beni ceduti, non compaiono le chiese.
Si arriva così al 1928 quando la chiesa dei Santi Fidenzio e Terenzio ha bisogno di improrogabili lavori di manutenzione e la Regia Soprintendenza ai Beni artistici interroga il FEC di Roma per avere informazioni circa la proprietà della chiesa stessa, rivendicata dalla famiglia Barozzi, succeduta nella proprietà dell’adiacente monastero ai Rossi.
Il FEC risponde, dopo pochi giorni, che la chiesa è annoverata tra i suoi beni.
Ed eccoci al 1999 quando, il Vescovo mons. Grandoni, mi chiede, in qualità di parroco di Massa Martana, di affrontare la questione della Chiesa dei Santi Fidenzio e Terenzio che la famiglia Barozzi è tornata a dire essere sua proprietà, negandola alla disponibilità per il culto, cambiando la serratura della porta d’ingresso e negandone la chiave alla parrocchia, che l’aveva sempre detenuta.
Proprio per questa presunta proprietà, mai dimostrata, un paliotto d’altare ligneo dipinto, del XVI secolo viene spostato nell’abitazione privata e viene chiusa anche la strada d’accesso alla chiesa pur essendo questa comunale o almeno vicinale.
Si tenta un approccio con la famiglia Barozzi, sottolineando anche che ogni chiesa aperta al culto è per la legge dello Stato Italiano in disponibilità dell’Ente Ecclesiastico e che solo il Vescovo può dichiarare chiusa al culto una chiesa. Non si ottiene nulla.
Si organizza quindi un incontro con il Prefetto di Perugia in quanto, dal 1985, proprio alle Prefetture il Ministero degli Interni ha trasferito le competenze sulle proprietà del FEC.
La delegazione che incontra il Prefetto è composta, oltre che dal sottoscritto, dal Vescovo mons. Grandoni, dal Sindaco di Massa Martana Gubbiotti e dallo storico massetano prof. Ridolfi. Il Prefetto promette il suo interessamento ma dopo qualche tempo, mentre è in visita a Massa Martana, interrogato dal sottoscritto, dirà che nulla è stato trovato sulla chiesa dei Santi Fidenzio e Terenzio.
Circa tre anni fa, nell’ufficio del Sindaco di Massa Martana, la dottoressa Cruciani, incaricata del FEC nella Prefettura di Perugia, aprendo il faldone inerente le chiese dei Santi Fidenzio e Terenzio e di Santa Illuminata, ci mostrò, nell’Ufficio del Sindaco di Massa Martana, tutti gli atti relativi all’enfiteusi, al riscatto, oltre a molto altro materiale. Ognuno tiri le proprie conclusioni.
Fatta una ricerca all’Ufficio del registro, appurato che mai i Barozzi avevano ottenuto la proprietà della chiesa, non potendo promuovere alcunché circa la proprietà che è lo Stato a dover rivendicare, la parrocchia di Massa Martana, nel 2001, ha introdotto, presso il Tribunale di Perugia, una causa civile al fine di ottenere la piena disponibilità della Chiesa dei Santi Fidenzio e Terenzio, in quanto regolarmente aperta al culto; ad oggi, nessuna sentenza è stata emessa, pur essendo la situazione di una chiarezza estrema.
Oltre ciò, la parrocchia, insieme al Comune di Massa Martana, ha in questi anni sollecitato più e più volte la Prefettura ad intervenire per quanto concerne la proprietà, fino a sollecitare, tramite l’Ufficio Diocesano per i Beni Ecclesiastici, i Ministeri degli Interni dei Beni Culturali a farsi carico della questione.
Le lettere inviate ai Ministeri non hanno mai avuto risposta.
A fronte di “proclami” che se la chiesa è ancora oggi visitabile lo si deve alla cura ricevuta da parte dei privati, va ricordato che tutte le opere che hanno interessato la chiesa dopo l’unità d’Italia, ultima il rifacimento del manto di copertura agli inizi degli anni Ottanta, sono state finanziate ed eseguite dalla Soprintendenza ai Beni Culturali, che l’impianto elettrico è stato realizzato per la prima volta dalla parrocchia dopo i restauri del 1980, che la fornitura dell’energia elettrica, sospesa circa tre anni fa, era intestata e pagata dal Comune di Massa Martana.
Da ultimo non mi resta che dire che questa ricostruzione dei fatti è comprovata passo passo da documenti, e segue in maniera logica tutto quanto la legislazione antica e presente prevede per l’utilizzazione delle chiese aperte al culto.
E se così è (cose contrarie non sono state in alcun modo attestate) cresce l’amarezza non solo nel vedere beni pubblici espropriati ai cittadini e luoghi di culto ai fedeli, ma anche la lentezza di uno Stato che impiega anni per dirimere situazioni di per sé chiarissime e perde per strada pezzi del proprio patrimonio d’arte per il quale, d’altronde, ha speso anche molto denaro.
E mentre le stelle stanno a guardare, Massa Martana e tanta gente di ogni dove che chiede della chiesa dei Santi Fidenzio e Terenzio, scoperta nell’Enciclopedia Italiana Treccani, nei siti più autorevoli di Arte e storia, nelle guide turistiche del territorio, sono espropriati del loro diritto a godere di una chiesa che appartiene a loro e al mondo intero.