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Il numero medio di spermatozoi degli uomini che vivono nei grandi centri urbani è inferiore di un quarto a quello rilevato 30 anni fa

Anche l‘incremento della infertilità maschile è stata correlata, di recente, con l’inquinamento, su base tossica ed anche immunoallergica
Tra i responsabili dell’indebolimento degli spermatozoi c’é infatti l’inquinamento ambientale. Ma anche lo stile di vita (stress, fumo, alcol, droghe sono fattori che possono mettere un freno alla spermatogenesi) e l’aumento dell’età in cui si cerca la prima gravidanza: in media, l’uomo italiano che chiede aiuto all’andrologo ha 38 anni.
È proprio delle diminuite capacità di procreare in relazione alle abitudini dell’uomo contemporaneo che si è occupa il XIX Convegno annuale della Società Italiana di Andrologia.
Negli ultimi trent’anni nelle grandi città si è registrato un progressivo calo di fertilità: si è osservata una diminuzione significativa del numero medio di spermatozoi (da 60 milioni nel 1977 a 45 milioni nel 1993 tra i donatori di seme in Danimarca), della loro motilità (con una riduzione annua dell’1% dal 1973 al 1992 a Parigi) e anche della regolarità della loro forma (ogni anno -0,5% dal 1973 al 1992 a Parigi).
Le sostanze più lesive alla formazione degli spermatozoi sono il Pm10, il biossido di azoto, il biossido di zolfo e il piombo, che si sprigionano dai motori delle automobili, dal riscaldamento delle abitazioni, dalle lavorazioni industriali.
Il danno sulla spermatogenesi avviene sia per azione tossica delle sostanze assorbite, sia per la possibile interferenza sui meccanismi ormonali, sia per meccanismi immunitari che creano una sorta di risposta allergica verso spermatozoi e loro precursori.

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