Nei vigneti delle colline di Massa Martana e Todi i tralci dei vigneti hanno iniziato il germogliamento e, dopo la potatura iniziano le sarchiature, i trattamenti e le tante le operazioni necessarie a produrre pregiate uve Grechetto, Malvasia, Riesling, Trebbiano, Cabernet, Sangiovese, Montepulciano, Merlot, sempre di ottima qualità, da trasformare in ottimi vini con le tecnologie della Cantina “Tudernum” di Todi, lavoro che richiede forti investimenti e rilevanti anticipazioni finanziarie da parte degli agricoltori, in gran parte imprenditori coltivatori con famiglie da mantenere.
La crisi del mercato vinicolo, la necessità di adeguamento di tecnologie in rapida evoluzione, la carenza di adeguate strutture di commercializzazione, distribuzione e promozione del prodotto ed, ultimo ma non meno importante, il pregiudizio di un’insufficiente qualità delle produzioni cooperative, alimentato dai tanti appassionati “con la puzza al naso” e dalle continue denigrazioni di persone che non conoscono il mondo agricolo e sono più attente al fumo che all’arrosto, hanno ridotto la domanda di vino prodotto da cantine popolari, come la Tudernum, ed azzerato i ricavi netti dei viticoltori conferenti, sia in valore e sia in tempi di liquidazione, ormai quasi biennale, mentre i tempi di pagamento delle anticipazioni si riducono.
I ricavi distribuiti ai conferenti sono il salario del viticoltore ma la “casta”, tanto sensibile ai salari delle categorie privilegiate non se ne preoccupa minimamente e tratta questi lavoratori come i peggiori latifondisti di storica memoria, coadiuvata anche dai “bravi” della stampa di regime che trasformano l’accusa di utilizzare una varietà di uva non prevista nel disciplinare in una sorta di “velenitalia”, campagna terroristica contro gli agricoltori Italiani benedetta dai concorrenti di paesi più attenti ai loro cittadini, mentre le istituzioni pubbliche, in particolare quelle regionali, le organizzazioni economiche e le organizzazioni sindacali di categoria stanno a guardare, spartendosi le spoglie dei viticoltori e litigando tra loro per mettere le mani sui pochi fondi disponibili, non promuovendo la commercializzazione competitiva delle produzioni vinicole e moltiplicando inconsultamente gli oneri burocratici a carico degli agricoltori.
La “casta” e le oligarchie privilegiate sono state finora abilissime ad imporre oneri e balzelli ai viticoltori ma hanno chiuso gli occhi di fronte alle loro difficoltà, quasi come avvoltoi in attesa di carogne da spolpare, e la nostra viticoltura diventa sempre più marginale, penalizzando il settore primario e promuovendo l’eliminazione dalle nostre campagne delle categorie produttrici, con grande gioia degli integralisti “verdi” che vorrebbero creare tante “riserve” extra-urbane, da interdire alla popolazione autoctona e da popolare con vecchi figuranti da mostrare ai turisti in transito.
Molti stanno a guardare, come i frettolosi passanti che hanno scavalcato con fastidio il corpo del portiere caduto dal terrazzo, ma fino a quando i tanti nemici dei viticoltori potranno abusare della nostra pazienza?








