Quello di quest’anno non è stato un 25 aprile come tutti gli altri. E’ stato un 25 aprile particolare, per una lunga serie di motivi: non ultimo, il verdetto delle urne. E infatti la compagine politica cui è stato affidato il compito di formare il nuovo governo nazionale, durante la campagna elettorale aveva insistito a lungo sulla necessità di riscrivere i libri di storia. Con l’obiettivo esplicito di intervenire sul capitolo “Seconda guerra mondiale” per ridimensionare il ruolo storico della Resistenza.
Non è stato un 25 aprile come tutti gli altri nemmeno a Todi, dove per la prima volta nella storia repubblicana della città le celebrazioni ufficiali sono state guidate da un sindaco di centrodestra.
Ruggiano, dal canto suo, per togliersi d’impaccio punta tutto sulla retorica della riconciliazione, mettendosi in fila dietro a Ciampi, dietro a Violante, dietro a Napolitano.
Nel segno della riconciliazione, arriva scortato dall’assessore provinciale socialista Massimo Buconi. Forse emozionato per la sua prima volta, Ruggiano sbatte i tacchi e scatta sull’attenti quando i militari chiamano l’attenti. Si rilassa quando arriva il momento del riposo, salvo irrigidirsi di nuovo sulle note dell’inno: e non si può che attribuire all’emozione della prima volta questa confusione tra autorità militare e autorità civile (va detto a riguardo che Ruggiano è un “ex” ufficiale dell’Esercito, ndr).
Nonostante le premesse, occorre precisare che Ruggiano punta su una declinazione abbastanza personale dell’idea di riconciliazione, difficilmente paragonabile a quella dei padri costituenti. E comincia col felicitarsi del fatto che per la prima volta la sua parte politica partecipi a questa festa. “Per colpa nostra”, precisa il sindaco, “negli anni passati l’abbiamo disertata”.
Ma la precisazione non nasconde la stonatura: come se solo dopo la “presa del potere”, come se solo quando si tiene in mano la regia della celebrazione, sia possibile per “una parte politica” partecipare tranquillamente ad una festa che altrimenti, se non controllata nei minimi dettagli, tiene il centrodestra sulle spine: occhi bassi, sudore freddo alle mani, due dita che continuamente si infilano nel colletto della camicia ad allentare la stretta scomoda della cravatta.
Ruggiano continua: da oggi festeggiamo anche noi perché da oggi il 25 aprile deve assumere significati nuovi. Viene il dubbio, legittimo, che questi nuovi significati siano un adattare il 25 aprile alle riscritture storiche antiresistenziali promesse dagli scudieri berlusconiani.
Intanto, è una agguerrita turista la prima ad accorgersi della discontinuità del nuovo protocollo ruggianiano: invano la signora, munita di macchina fotografica, continua a chiedersi, e quasi a chiedere ai presenti, perché la banda non esegua Bella Ciao, la canzone simbolo della Resistenza.
Non l’ha ancora eseguita, e non la eseguirà: dopo un giro della piazza scandito dalle note di anonime marce bandistiche, i musicisti si sfilano gli strumenti e si infilano nel bar in cui il sindaco ha organizzato l’aperitivo della riconciliazione.
E a questo punto è ufficiale: la prima vittima dell’era della riconciliazione è Bella Ciao, uno degli emblemi della lotta partigiana, della ribellione, del sacrificio individuale e collettivo che ha portato alla Liberazione.
Ma le novità non sono finite. Subito dopo la cerimonia istituzionale, con tutte le autorità che ancora confabulano in capannelli ai quattro angoli della piazza, il Comitato Antifascista che prepara sotto i Portici Comunali la propria manifestazione in ricordo del 25 aprile, e in difesa dei suoi significati più vivi e scomodi, riceve la visita di una pattuglia di carabinieri.
I militi prendono i nominativi, chiedono i documenti, verbalizzano tutto e se ne vanno poco più in là ad intrattenersi con politici ed amministratori. I membri del comitato cercano di tenere sotto controllo la tensione che una iniziativa di questo tipo non può che generare. I militi, con qualche imbarazzo, di fronte alle sarcastiche proteste si trincerano dietro la loro un po’ ingessata professionalità. Richiesti delle motivazioni di questo controllo, i carabinieri rispondono: è la prassi.
Il che sarebbe come dire: a Todi è prassi chiedere documenti a cittadini inermi e inoffensivi alle undici di un mattino di festa e nel cuore del centro storico. Oppure: a Todi è prassi chiedere i documenti ai promotori di una manifestazione politica presumibilmente non gradita alle autorità.
Comunque la si voglia leggere, questa “prassi” deve suscitare molti ed inquieti dubbi a tutti, e sono tanti ultimamente, i difensori della democrazia.
Nonostante qualche disorientamento conseguente a questo accenno di schedatura, il Comitato non demorde e continua a festeggiare il suo 25 aprile in aperta polemica con le celebrazioni istituzionali.
Per ricordare che la Resistenza è stata insurrezione, ribellione, scelta dell’illegalità in nome di un’idea (spesso di un’ideologia). Ed è stata montagna, fame, fango, morte, violenza: tutte parole che vengono lasciate accuratamente lontane dal lessico delle cerimonie ufficiali.
A sintetizzare tutto questo, sui Portici Comunali viene issata la bandiera della Brigata Garibaldi (un tricolore con al centro una stella rossa): un atto simbolico che non manca di produrre il suo effetto suggestivo sui molti turisti che affollano la piazza, ma soprattutto su molti cittadini tuderti. Che dopo la riconciliazione alla Ruggiano, pensavano di essere ormai al sicuro da festeggiamenti destabilizzanti, e pensavano di potersi dimenticare che quella partigiana è stata, anzitutto, come racconta l’etimo, guerra di parte. E che ricordarla e celebrarla significa rimettere prepotentemente al centro le ragioni radicalmente di parte di chi ha scelto di lottare: tutto il resto è musealizzazione, ovvero depotenziamento.
Con questo spirito, il Comitato Antifascista ha continuato il suo presidio dello spazio pubblico per tutto il giorno, fino a notte inoltrata. Ha proposto con Daniele Crotti l’ascolto e la ricostruzione da una prospettiva etno-musicale dei canti della resistenza. Ha proposto la visione di “Nazirock”, il documentario di Claudio Lazzaro che indaga sulla forte persistenza in Italia e in Europa di movimenti neofascisti e neonazisti, i quali fanno breccia soprattutto tra i giovanissimi grazie al veicolo della musica.
Quanto a riscrittura della storia questi gruppi, tra i quali spicca il ruolo di Forza Nuova, ma le cui posizioni politiche ed ideologiche sono ampiamente condivise anche dal Movimento Sociale Fiamma Tricolore di Luca Romagnoli, non hanno certo perso tempo ad aspettare il Berlusconi Ter: rifiutano le verità più assodate della storiografia ufficiale, e soprattutto sulla questione dei campi di sterminio si muovono tra posizioni revisioniste ed un aperto e sfrontato negazionismo.
Né si può pensare che queste realtà siano, in quanto minoritarie, isolate e inoffensive: dal punto di vista elettorale, l’apporto dell’estrema destra è spesso decisivo per la destra istituzionale e “moderata”.
Todi in questo senso è un caso esemplare. Per di più i principali temi su cui insistono con intolleranza gli ambienti neofascisti non rimangano confinati in poche teste rasate. Il razzismo, la reazione violenta ai problemi dell’immigrazione, la discriminazione di genere, la resistenza all’allargamento dei diritti sociali, il contrasto all’autodeterminazione delle donne, la repressione verso le forme di marginalità: questo “programma” politico, proposto con violenza dalla destra neofascista, purtroppo è condiviso anche da un ampio settore della popolazione “democratica” che, seppure rifiuta forme di violenza esplicita, rappresenta un serbatoio di violenza latente che trova spesso sfogo e voce nelle azioni e nelle parole delle teste rasate.
Il 25 aprile del Comitato Antifascista è andato avanti con musica, salsicce e vino: nonostante la pioggia e il freddo che hanno smentito il sole del mattino, un sorprendente numero di persone ha continuato a raggiungere i Portici Comunali.
E’ stato un presidio quasi irreale, in cui persone incredule si accorgevano di esistere ancora, e con stupore si convincevano di voler continuare ad affermare la propria esistenza, ripartendo proprio dal 25 aprile e dai suoi significati che non possono essere archiviati.
Un 25 aprile fatto di individui che continuano a volersi sottrarre alla semplificazione, e al pensiero unico, scoprendosi ancora capaci di produrre immagini, voci, suoni, idee che il bipolarismo radicale vorrebbe rimuovere.








