L’allarme era venuto qualche mese fa, ha covato fino all’estate poi è esploso sulla prima pagina della ‘Sueddeutsche Zeitung’ diffondendo il panico in Germania.
L’ipotesi che la Terra corre il rischio di essere inghiottita dai “buchi neri” nel giro di 50 anni è avanzata da un eminente scienziato di Tubinga, Otto Roessler.
Il prossimo esperimento nel laboratorio europeo del Cern a Ginevra, nell’anello di 27 km di circonferenza situato sotto l’aeroporto e che si estende fin sotto il massiccio del Giura, prevede una “scontro” di protoni che andranno a collidere gli uni sugli altri ad una velocità che è pari al 99,999991 per cento di quella della luce.
Il presidente del Comitato tedesco per la Fisica delle particelle, Peter Maettig, non esclude che l’esperimento del Cern possa dar luogo alla creazione di buchi neri, ma sottolinea che in questo caso “sarebbero ben diversi dai buchi neri esistenti nello spazio”.
Anche il suo collega Siegfried Bethke, direttore del “Max-Planck-Institut” di Fisica di Monaco di Baviera, precisa che gli eventuali buchi neri creati a Ginevra “sono così minuscoli da non riuscire in pratica a sviluppare alcuna forza di attrazione e scompaiono sotto forma di radiazione in una frazione di secondo.
Ma sulla base della teoria della relatività generale di Albert Einstein, sostiene il professor Roessler, i buchi neri così creati si ingrandiranno e finiranno entro mezzo secolo per inghiottire la Terra.
Gli scienziati tedeschi sottolineano, invece che nell’universo avvengono continuamente collisioni di ogni tipo di particelle con energie molto più grandi di quella creata nel laboratorio del Cern, senza dar luogo alla creazione di buchi neri dall’effetto distruttivo.
Il professor Hermann Nicolai, direttore a Potsdam del “Max-Planck-Institut” di Fisica gravitazionale, si spinge oltre ed accusa il suo collega Roessler di incompetenza e replica che le sue affermazioni catastrofiche sono basate su un “fondamentale fraintendimento della teoria di Einstein”.
Ma il giornale di Monaco di Baviera scrive che il timore comune, in un clima di isteria collettiva, è che i buchi neri creati dall’esperimento nello ‘Lhc’ del Cern “finiscano per ingrandirsi con un effetto simile a quello di una palla di neve, arrivando poi ad inghiottire e distruggere il pianeta“.
Ovviamente tra 50 anni la Terra potrebbe non aver resistito all’impatto dei cambiamenti climatici ed allora dei buchi nei non ci sarebbe nessuno ad interessarsi.