“Ci avevano detto che saremmo stati di fronte ad un nuovo corso, ad una svolta storica. Ci avevano detto che ci sarebbe stata tanta pubblicità, tanti spettacoli, tanto tanto tanto di tutto. Ma evidentemente qualcosa non è andato per il verso giusto.
A poco meno di quindici giorni dall’inizio del Todi Arte Festival alcune considerazioni in merito vanno sicuramente espresse.
La prima riguarda l’iter che ci ha portato fino a questo punto. La Commissione cultura del Comune di Todi convocata ad inizio anno e informata allora per sommi capi su quanto sarebbe poi stato deciso, non è stata più presa in considerazione.
Di comunicazioni ufficiali c’è stata solo la conferenza stampa di marzo, quando venne consegnata una cartellina con dentro una penna e un blocco vuoto, e comunicazioni sporadiche in Consiglio.
Siamo ancora in attesa della famosa conferenza dei capigruppo alla presenza di Maurizio Costanzo, ormai chiaramente inutile, essendo saltata anche l’ultima commissione convocata a giugno per mancanza del numero legale e per assenza di chi doveva proprio relazionare su questo tema (e cioè… il sindaco!). Ma forse non è l’iter seguito il punto più dolente.
Tre sono i livelli di analisi. Il primo è quello economico. Abbiamo avuto per molto tempo incertezza su chi si assumesse il rischio d’impresa della manifestazione. Poi abbiamo assistito ad un utilizzo “sregolato” dei fondi con un’anteprima dai costi elevati.
Ora… non essendoci più problemi dal punto di vista del budget con il contributo di 300 mila euro proveniente dal Ministero, viene naturale chiedersi: come verranno utilizzati questi soldi? Il programma, che in maniera ufficiosa era già trapelato e poi in parte confermato con la graziosa anteprima di giugno, non è stato implementato in nessun modo.
Rispetto all’impianto originario mancano addirittura pezzi. D’altra parte Costanzo non riceverà che un esiguo rimborso spese e allora forse è il caso di fare una riflessione su costi e prodotti offerti (visto che si tratta di soldi pubblici!).
Secondo punto: la comunicazione. Oltre al volantino scritto a caratteri minimali, il sito internet praticamente inesistente e le date sbagliate apparse su qualche mezzo d’informazione… il nuovo corso non si sarebbe dovuto caratterizzare per una grande differenza rispetto al passato in pubblicizzazione degli eventi e tempi relativi? Dov’è il lancio in grande stile, televisioni, giornali e quant’altro?
Non manca molto all’inizio e la novità è stata solo il ritardo con cui si è annunciato il programma… ritardo giustificato dalle incertezze del Ministero ma poi, venute meno queste, rimasto identico.
E poi, in ultima posizione ma non per importanza, i contenuti. Il tema del Festival sarebbe dovuto essere “La memoria e il territorio”, ma è difficile rintracciarlo tra gli spettacoli proposti, che sembrano semplicemente giustapposti.
Lo spettacolo più calzante, anche se per niente originale, sarebbe dovuto essere quello sulla strega Matteuccia, che non si farà. Ci sarebbe dovuto essere un utilizzo di spazi aperti così da entrare “direttamente” nel territorio, ma niente.
Sparita la danza, che era il vero pezzo forte degli anni passati grazie alla collaborazione con Vittoria Ottolenghi, teatro e musica rimaste senza grandi pretese.
Anche la tanto annuciata “popolarizzazione” del festival non sembra essere stata la parola d’ordine (anche se più popolare dell’orchestra Casadei è difficile da trovare…), ma siamo di fronte ad un prodotto di “medio” respiro.
Ben vengano le iniziative collaterali ma suona male che un festival abbia la sua vera forza propulsiva in qualcosa che è “accessorio” e che gli spettacoli principali siano così pochi di numero.
Non si tratta di disfattismo o di volontà di criticare fine a se stessa, ma di una semplice analisi di quanto, dal 7 settembre, ci verrà proposto.
Quando si parla di novità, nuovo corso, discontinuità bisogna stare attenti: l’esaltazione acritica del cambiamento crea, a volte, fuochi di paglia”.
Romina Perni – presidente Commissione Cultura del Comune di Todi