Nei piccoli comuni, che rappresentano il 78,6% dei municipi italiani (sono 5.740 su un totale di 8.101) la popolazione è diminuita, ma si devono comunque garantire i servizi fondamentali seppure con costi elevati e risorse limitate.
Nel 2006 il numero dei piccoli Comuni si è ridotto dello 0,28% e la popolazione è diminuita dello 0,42%, un dato in controtendenza rispetto all’aumento della popolazione a livello nazionale dove si è registrato un incremento dello 0,65%.
La Lombardia e il Piemonte sono le regioni con il maggior numero di piccoli comuni (19,27% in Lombardia e 18,71% in Piemonte) e ciò potrebbe in qualche modo comportare una maggiore attenzione, verso tutte le piccole municipalità, da parte della componente leghista che in tali zone è fortemente radicata.
Nei piccoli comuni “basta poco per far saltare i bilanci” e c’è quindi preoccupazione per alcune decisioni del Consiglio dei ministri. Preoccupazioni anche per l’abolizione del limite del secondo mandato per i sindaci, con il timore che come in passato la norma resti approvata solo da un ramo del Parlamento, restanando bloccata nell’altro.
Le “Unioni dei Comuni” come unica forma di gestione sovracomunale delle funzioni e dei servizi è la richiesta dei “piccoli”, che hanno 14 miliardi di uscite e 13,8 miliardi di entrate con un disavanzo dell’1,5% pari a 204 milioni di euro. Ma i Comuni con più di 5 mila abitanti compensano con comportamenti positivi questo disavanzo e producono addirittura un avanzo di comparto di 315 milioni di euro.
La composizione delle entrate e della spesa evidenzia un rapporto di 6 a 4 fra entrate e spese correnti ed entrate in conto capitale. Questo è un dato fortemente positivo: vuol dire che nei piccoli Comuni ci sono oltre 5 miliardi l’anno di investimenti che producono opere, lavori e migliorano la qualità della vita dei cittadini.
