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Una ricerca del San Raffaele di Milano conferma la necessità di tenere in allenamento la mente anche dopo la pensione

Proseguire nell’attività lavorativa anche dopo la pensione, purchè sia un lavoro che tenga in attività il cervello senza però angosciarlo, potrebbe essere un metodo che ha un risvolto positivo sulla salute e sulle finanze del sistema sanitario e sociale.
Tenere il cervello ‘allenato’ rallenta l’insorgere dell’Alzheimer, e ne smorza i sintomi. Lo afferma uno studio coordinato dall’università San Raffaele di Milano, pubblicato su Neurology e che ha coinvolto diversi centri di ricerca europei.
Secondo i ricercatori, “chi ha un alto grado di istruzione o svolge un’attività intellettualmente impegnativa sviluppa una sorta di ‘cervello di scorta’ che rallenta i sintomi della malattia”.
La ricerca ha coinvolto 300 malati di Alzheimer per 14 mesi, insieme ad altri 100 anziani con lievi disturbi della memoria.
I soggetti svolgevano varie professioni, dalla casalinga al manager, e avevano differenti livelli di istruzione. Gli scienziati hanno visto che “chi aveva un grado di istruzione maggiore o un’occupazione più elevata e anche intellettualmente più intensa manifestava i sintomi dell’Alzheimer più tardi rispetto, ad esempio, a casalinghe o disoccupati. E questo nonostante la malattia ne avesse già danneggiato i neuroni e le sinapsi, condizione che normalmente è causa di terribili sintomi della malattia, tra cui la perdita della memoria”.
Per ritardare l’esordio della malattia – conclude Daniela Perani, neurologa del San Raffaele e coordinatrice dello studio – dobbiamo impegnarci a combattere l’analfabetismo, anche quello di ritorno, trovare mezzi per favorire la lettura e stimolare le attività intellettuali nella popolazione, e non solo in quella anziana: queste sono solo alcune delle strade che possiamo percorrere per combattere, sin da bambini, la malattia”.

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