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Un’indagine popolare sul significato di quel grafico grigio e rosso, porterebbe a risultati sconcertanti

Quando la Regione Umbria ha deciso di darsi un logo, nessuno si è posto alcun problema di contenuto simbolico ed artistico, di fissare criteri selettivi fra varie proposte.
Probabilmente era eugubino e campanilista colui che ha ritenuto assumere come simbolo dell’Umbria, i tre ceri della famosa corsa dei matti: stilizzati in un rettangolo stretto ed alto, estraneo ai classici scudi gentilizi, di Unità militari, di feudo o di Regione, appunto.
Esso sembra più un logo di una industria di modernissime costruzioni. Credo che un’indagine popolare sul significato di quel grafico grigio e rosso, porterebbe a risultati sconcertanti.
Purtroppo il logo è ormai “storicizzato”, almeno nella burocrazia regionale e va conservato anche se sta a significare l’infelicità di una scelta fatta da chi non conosce i caratteri che distinguono la propria Regione dalle altre, a cominciare da quelle confinanti.
Tale mancanza di conoscenza, che ritengo generalizzata, ha avuto ed ha un riverbero negativo sullo sviluppo urbanistico e sulle costruzioni in generale non vincolate a criteri guida per la scelta dei marteriali e per le linee architettoniche. Ne consegue che il carattere del paesaggio umbro viene costantemente snaturato, soffocato o disperso nel dilagare di capannoni, di grattacieli, di costruzioni d’ogni tipo senza alcuna valenza architettonica, spesso esteticamente stridenti con il paesaggio.
Eppure, bastano poche riflessioni per accorgersi che l’Umbria conserva ancora, nonostante i danni inferti dalla sua popolazione, alcuni fondamentali caratteri che, emersi dalla sua storia millenaria si impongono per la loro unicità. Lungi dunque dal carducciano stereotipo dell’Umbria cuore “verde” d’Italia quando le vicine Marche sono più verdi perché vi piove di più.

L’Umbria che per noi deve essere assunta come riferimento, è quella romanica medioevale, perché è proprio nei secoli di quel periodo, che la regione produce ed esprime ancor oggi, il meglio di sé.
Il primo elemento fondamentale che distingue l’Umbria dalle altre regioni, è la tipologia della pietra locale che si ritrova in tutte le chiese, conventi, borghi, torri e castelli, case rurali.
Bianca o rosa, la pietra cosiddetta del Subasio è unica. Uscendo dalla Regione troveremo a nord la tetra pietra serena, ad est come a nord-ovest il modesto mattone, a sud il tufo con la sua immagine di rustica povertà.
La pietra dell’Umbria, bianca e rosa, risplende nel sole, si accosta splendidamente al bianco dei cumoli ed agli azzurri del suo cielo, al colore delle leccete scure come al verde argenteo degli uliveti, dà una impressione di forza, di nobile austerità ma anche di serena intimità laddove emerge nel silenzio, distante dalle strade e dai centri urbani; suggerisce il misticismo degli anacoreti, dei Beati e dei Santi che qui hanno dato un impulso purificante e vivificante al cristianesimo. Santi e Beati: lo storico Ludovico Jacobilli di Foligno, agli inizi del 1600 ne ha inventariato oltre ventiduemila, soltanto umbri.

Ma l’Umbria non è soltanto misticismo, è anche forza combattente. E’ ancora la pietra a suggerircelo. Mura e torri, villaggi fortificati, rocche e castelli, sono diffusi ovunque e ci introducono nel settore epico della storia, quando parallelamente al manifestarsi dei nuovi fermenti religiosi, entravano nella scena politica nazionale i suoi gagliardi capitani di ventura che per due secoli (1350-1550) hanno contribuito al destino di molti Stati italiani: ricordiamo Erasmo da Narni detto Gattamelata, Niccolò Piccinino, Braccio Fortebraccio da Montone, i vari Baglioni, Bartolomeo d’Alviano, Boldrino da Panicale, ecc., complessivamente un terzo ragguardevole dei capitani di ventura sulla scena nazionale di quei tempi, erano umbri.
Per concludere, un logo che rappresentasse l’Umbria non poteva prescindere da queste componenti: la pietra, la forza, il misticismo, il paesaggio.
Non è difficile concepire un simbolo che sintetizzi questi valori: un muro merlato e un campanile a vela, sullo sfondo di un profilo collinare. C’è anche spazio per colori più vivaci del grigio del logo ufficiale, che ricorda la plastica.

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