A Perugia e a Firenze, ma per un magistrato perugino, va in scena un qualcosa che può sicuramente dar luogo a diverse letture: da quella “anche i magistrati sbagliano”, a quella “la legge è eguale per tutti” e ad altre che possono riferirsi anche ad indagini molto più recenti che stanno interessando l’Umbria.
L’ex procuratore di Salerno ed altri ex pm della procura campana sono stati interrogati nella Procura del capoluogo come indagati nell’ambito dell’inchiesta scaturita dalla cosiddetta «guerra tra procure» ossia dal sequestro e controseqeustro degli atti delle indagini Why Not e Poseidone, fatto tra gli uffici giudiziari di Catanzaro e Salerno.
Una serie di fatti che hanno sollevato un polverone immenso, che probabilmente coprirà la sostanza della questione.
Oltre ai sette magistrati salernitani, risulta indagato per abuso d’ufficio e interruzione di pubblico servizio anche l’ex pm della procura di Catanzaro Luigi De Magistris il quale, però, non è stato ancora sentito dai pm di Perugia.
Una vicenda che, invece, vede al centro un magistrato perugino è in corso a Firenze. Quì Giuliano Mignini rischia una condanna a sei mesi (due anni e mezzo il poliziotto Michele Giuttari) se il Tribunale toscano darà ragione al pm che lo accusa di abuso di ufficio in concorso e di favoreggiamento nei confronti di Giuttari.
I due avrebbero aver svolto accertamenti paralleli a quelli della procura di Genova, che stava indagando Giuttari in merito a una sua registrazione di un colloquio fra lui e il pm fiorentino Paolo Vanessa.
La vicenda, che getta una luce inquietante sui rapporti tra organi di polizia e magistrati, avvenne quando Giuttari era a capo del Gides, il gruppo investigativo che si occupava delle indagini sul mostro di Firenze, mentre Canessa coordinava la parte toscana dell’inchiesta.
Secondo la procura di Firenze, Giuttari e Mignini avrebbero anche svolto indagini su alcuni giornalisti per condizionarli nei loro articoli relativi all’inchiesta sulla morte del medico perugino Francesco Narducci. L’indagine era condotta da Giuttari, coordinata da Mignini e collegata a quella toscana sul mostro di Firenze. Prossima udienza il 27 maggio.
Quest’ultimo aspetto è strettamente attuale.
Saranno gli esperti di accusa, difesa e parte civile che hanno svolto le consulenze sulle cause della morte di Francesco Narducci e sulla compatibilità del cadavere ripescato al lago Trasimeno il 13 ottobre del 1985 con quello del gastroenterologo, ad essere sentiti, il 3 giugno prossimo, nell’ambito dell’udienza preliminare che vede imputate 22 persone per presunte irregolarità compiute in occasione del ritrovamento del cadavere del medico perugino.
Davanti al gup compariranno i consulenti del pm, il professor Giovanni Pierucci (che ha eseguito l’esame autoptico sul corpo di Narducci), il responsabile del Ris di Parma, colonnello Luciano Garofalo (autore della perizia antropometrica), ed il medico legale Gabriella Carlesi. Per la difesa saranno sentiti Carlo Torre, Nello Balassino e Giuseppe Fortuni.
Per la parte civile, infine, il professor Mauro Bacci e il dottor Massimo Ramadori.
Tra le 22 persone per le quali il pubblico ministero ha chiesto il rinvio a giudizio anche familiari del gastroenterologo, pubblici ufficiali, appartenenti alle forze dell’ordine e altri soggetti.
Nel fascicolo sono stati contestati a vario titolo 22 capi d’imputazione per reati quali falso, omissione d’atti d’ufficio, occultamento di cadavere e altri. Tutti gli imputati hanno sempre respinto le accuse.
La parte centrale dell’inchiesta riguarda una presunta associazione per delinquere della quale sarebbe stato promotore e organizzatore Ugo Narducci, padre del medico trovato morto.
Il sodalizio avrebbe operato – secondo la ricostruzione accusatoria – dal giorno della scomparsa del gastroenterologo fino a dopo il luglio del 2004 per cercare di sviare gli accertamenti sulla morte. In particolare per evitare che si ipotizzasse un omicidio legato alle vicende del mostro di Firenze.
Secondo il pm Giuliano Mignini, Narducci sarebbe stato in qualche modo legato «almeno» agli ultimi quattro duplici omicidi avvenuti in Toscana.
I familiari di Narducci hanno sempre sostenuto, invece, che il medico era del tutto estraneo alle vicende del «mostro di Firenze».