Dovrebbe essere ormai prossima la decisione dei giudici della Consulta sulla legittimità dei contestati ‘tagli’ con cui il ministro Mariastella Gelmini ha previsto, a partire dall’anno scolastico 2009-2010, il ridimensionamento degli istituti, la riduzione del 17% del personale amministrativo, l’accorpamento di classi e, tra l’altro, la chiusura delle scuole nei piccoli centri.
La battaglia davanti alla Corte Costituzionale è cominciata nei giorni scorsi quando i legali di otto delle dieci Regioni che hanno presentato ricorso (Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Puglia, Campania, Basilicata e Sicilia, mentre hanno rinunciato al conflitto Abruzzo e Calabria) hanno espressamente chiesto ai giudici di fare chiarezza sul sistema delle fonti in ambito scolastico.
Se per gli avvocati tutto si riduce alla richiesta di lumi sull’interpretazione della riforma del titolo V della Costituzione che nel 2001 ha riscritto l’articolo 117 indicando l’istruzione come materia di legislazione concorrente ma anche come settore di competenza esclusiva statale in fatto di norme generali, è pur vero che a seconda della linea di indirizzo che adotterà la Consulta dipenderà la bocciatura o la salvezza del decreto Gelmini e, a cascata, dei regolamenti adottati in questi mesi dal ministro.
Il governo viene accusato dalle Regioni di aver violato il principio di leale collaborazione non avendo cercato la previa intesa (perchè il semplice parere non basta) con la Conferenza unificata Stato-Regioni, necessaria in quanto l’istruzione è, appunto, una materia di competenza concorrente. Le Regioni lamentano, tra l’altro, la violazione del principio di ragionevolezza (art.3 della Costituzione), la carenza dei presupposti di necessità e di urgenza (articolo 77 della Costituzione), e la mancanza di condizioni per prevedere un potere sostitutivo del governo (art 120). «Se l’istruzione è una materia concorrente, allora non si capisce il perchè il governo possa far ricorso ai regolamenti», si sostiene, citando alcuni precedenti della Consulta.
Di parere contrario l’avvocato dello Stato Michele Dipace, ex capo di gabinetto al ministero dell’Istruzione sotto Letizia Moratti: «Non c’è stata alcuna violazione delle competenze regionali – sostiene mentre chiede ai giudici di dichiarare la questione inammissibile o infondata – E infatti la normativa sulla riorganizzazione della rete scolastica non è di dettaglio ma ha carattere generale, così da garantire la necessaria omogeneità dell’offerta formativa del sistema scolastico, che possa valere per tutte le Regioni».
Dalla decisione, che potrebbe arrivare in settimana, dipende la sorte del decreto Gelmini
- Redazione
- 16 Giugno 2009
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