A sorpresa, dalla pubblicazione della manovra d’estate, licenziata venerdì scorso dal Consiglio dei ministri, nella Gazzetta Ufficiale del 1° luglio mancano i 2 commi, il 25 e il 26, dell’articolo 17, che – nel testo originario del provvedimento – reintroducevano il pensionamento obbligatorio dei dipendenti pubblici al compimento dei 40 anni di anzianità massima contributiva.
Si torna, quindi, al concetto di lavoro effettivo e si restringe (come aveva deciso già il Parlamento) la platea dei potenziali pensionabili che, secondo le previsioni dell’INPDAP, avrebbe fatto raddoppiare nel 2009 le cessazioni del lavoro, in molti casi di persone di giovane età.
Infatti, nei 40 anni di effettivo servizio non potranno più entrare gli anni (riscattati) del corso di laurea o dell’eventuale periodo militare, come, pure, quelli di altri lavori svolti prima della presa in servizio (purché coperti da contributi).
Ma non è detta l’ultima parola: ora il provvedimento comincia il suo iter parlamentare e durante i lavori di Camera e Senato potrebbe sempre rispuntare un emendamento, sempre chè questo sia ammesso dai Presidenti dei due rami del Parlamento, in particolare da quello della Camera che ha già respinto “l’assalto alla diligenza” in un precedente tentativo.
Pur nell’assoluto riserbo che circonda la vicenda, quasi tutti parlano di un intervento del Quirinale, che potrebbe anche non essere stato il primo.
Gli aspetti che potrebbero aver motivato il Presidente della Repubblica sono essenzialmente due, uno di natura politica e l’altro di natura economica.
Quanto al primo aspetto, come già accennato, il Governo pretendeva di rovesciare una decisione del Parlamento che aveva già corretto un provvedimento governativo e dare ragione al Governo a così poca distanza avrebbe potuto far intendere che la bilancia del Quirinale pendesse troppo verso Palazzo Chigi .
Ma forse Napoletano ha avuto buon gioco nel sottolineare che il provvedimento era privo della necessaria copertura finanziaria.
L’entrata in vigore della norma avrebbe infatti pesato enormemente sulle Casse dell’Istituto di Previdenza dei Dipendenti Pubblici, sia per il raddoppio delle pensioni da erogare che per quello delle liquidazioni entrambe sicuramente superiori nel loro importo a quello medio, stante che il personale interessato era, per la quasi totalità, in possesso di laurea e presumibilmente collocato nella fascia alta delle retribuzioni .
- Redazione
- 3 Luglio 2009
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