A dieci anni esatti dalla sua riscoperta avvenuta nell’estate del 1999, a Todi è tornata pienamente fruibile l’ottocentesca fontana dei Bottini. Infatti si sono conclusi nelle settimane scorse i lavori di sistemazione del percorso pedonale di accesso, costituito da un vialetto imbrecciato affiancato da una staccionata. La fontana si trova poche decine di metri a valle dell’ex Mattatoio Comunale, anch’esso recentemente ristrutturato e trasformato in palazzina residenziale.
Il sito della fontana fu individuato dieci anni fa da Valerio Chiaraluce e Massimo Rocchi Bilancini. Il manufatto si presentava allora completamente sepolto dalla terra, sulla quale era cresciuto un boschetto di acacie e sambuchi. Fra la folta vegetazione si scorgeva solo una modesta porzione del muro in pietra al quale erano accostate le tre vasche, quest’ultime peraltro totalmente interrate.
Il recupero prese il via per iniziativa degli stessi scopritori, allora giovanissimi, sotto le insegne del puro volontariato. Ai primi lavori condotti manualmente, scavando con pala e piccone, seguì negli anni successivi l’intervento di mezzi meccanici messi a disposizione dapprima dall’Ufficio Manutenzioni del Comune di Todi e in ultimo dalla locale Comunità Montana “Monte Peglia e Selva di Meana”.
Il recupero, che ha visto addirittura lo spostamento di un traliccio dell’ENEL costruito troppo a ridosso della fontana, è stato in questi anni sempre seguito e coordinato dalla coppia Rocchi Bilancini / Chiaraluce.
Il lavoro sul campo unito alla ricerca d’archivio ha permesso di mettere in relazione la fontana con il grande cantiere, la cosiddetta “Fabbrica della Piana”, che nel XIX secolo, per vari decenni, lavorò nell’area per il consolidamento del versante orientale del Colle producendo opere importanti quali muraglioni, serre e briglie lungo il Fosso del Mattatoio e soprattutto la vasta rete di gallerie di drenaggio che emungendo la falda alimentano la fontana. Tutte opere che in questi dieci anni sono state studiate e in parte anche restaurate e che nel loro insieme vanno a costituire un vero e proprio “parco storico”.
Più complicato del previsto è risultato l’aspetto della valorizzazione del sito. Alla realizzazione di un percorso pedonale di accesso che ricalcasse quello un tempo esistente e poi scomparso, percorso in sé naturale e scontato, si è giunti infatti non senza difficoltà. I due ricercatori ricordano infatti come molti degli interventi sono stati realizzati personalmente da loro stessi e a proprie spese, in sostituzione di un soggetto pubblico non sempre presente o efficace nella sua azione. Nei due comunque rimane grande la soddisfazione per i risultati conseguiti, nonostante i sacrifici compiuti e l’impegno necessario ancora in futuro per la manutenzione del luogo.
L’invito che essi rivolgono alla cittadinanza è quello di seguire i cartelli recentemente collocati così da prendere coscienza di una realtà riemersa dall’oblio.
- redazione
- 5 Settembre 2009
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