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L'azienda ha deciso e comunicato il trasferimento di 31 impiegati dall'attuale sede di Torgiano a Milano
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La Colussi il suo bell’affare immobiliare l’ha concluso a Ponte San Giovanni con la demolizione del vecchio molino e, secondo copione, ora l’azienda ha fatto recapitare a 31 di impiegati, nella sua sede poche centinaia di metri più in là, una lettera con la quale annuncia il cambio della loro sede di lavoro, da quella nell’immediata periferia perugina a via Spadolini 5, a Milano.
Per questo ieri c’è stato ieri uno sciopero di otto ore dei circa 100 addetti del centro direzionale Colussi di via Ferriera, tra Ponte San Giovanni e Torgiano.
A questa iniziativa attuata dalla Rsa aziendale e dai sindacati di categoria di Cgil, Cisl e Uil ci sarebbe stata una «adesione totale».
«Siamo fortemente preoccupati, come lo sono i lavoratori, per quello che i più maliziosi interpretano come l’inizio dello spostamento definitivo di Colussi a Milano», ha spiegato Vincenzo Sgalla, segretario generale della Flai-Cgil umbra.
«Per questo – ha aggiunto Dario Bruschi, della Fai Cisl – abbiamo chiesto un interessamento delle istituzioni locali per assicurare che una delle due ‘teste’ della Colussi resti qui in Umbria».
Istituzioni che dovrebbero aver ben presente che l’Umbria rischia, biscotto dopo biscotto di divenire, una colonia padana anche se poi i prodotti della nostra terra seguitano a chiamarsi “ di Perugia”:
Si prende dall’Umbria e non si dà anzi si toglie ciò che c’è.
Per gli stessi sindacati, l’annunciato trasferimento delle 31 unità da Perugia a Milano (altre 20 saranno trasferite dalla sede di Imperia) «al momento non appare negoziabile» e «quello che Colussi offre a chi dovrà spostarsi di punto in bianco da Perugia a Milano, rivedendo completamente i suoi progetti di vita, è assolutamente inaccettabile e nemmeno lontanamente paragonabile a quanto garantito in situazioni simili da altre grandi aziende del settore, come Kraft e Nestlè».
Di qui la scelta dello sciopero  che potrebbe essere – è stato sottolineato – solo l’inizio di un’intesa fase di mobilitazione qualora l’azienda non si decidesse a «cambiare radicalmente atteggiamento».
Non manca chi sottolinea come la cultura del gruppo dirigente del gruppo Colussi sia molto datata indietro nel tempo, quando le trattative con clienti e fornitori si facevano faccia a faccia e si concludevano con una stretta di mano, mentre ora con i moderni mezzi informatici alternativi, offerti dalla tecnologia, è più utile avere dei dipendenti tranquilli e motivati.
C’è da ritenere che alla Colussi il fattore umano conti poco.
 

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