L’amore per l’insegnamento, per il suo lavoro di dirigente scolastico, per Todi. E’ quello che lascia Carlo Sbugia, in pensione dallo scorso settembre, ultimo preside dell’ITCG “Einaudi”, accorpato da quest’anno con l’Istituto Agrario “Ciuffelli”.
Laureato in scienze agrarie, concretizza la sua aspirazione all’insegnamento dedicando quasi trent’anni a questa attività, culminata con l’incarico di dirigente scolastico dal 2004. Dalle sue parole traspira molta nostalgia, ma anche soddisfazione per i risultati raggiunti puntando sul dialogo, sulla lealtà, sull’armonia per un lavoro di squadra all’interno di una scuola, come l’”Einaudi”, che vanta quest’anno quasi quattrocento iscrizioni.
Cosa ci dice degli anni appena trascorsi in qualità di dirigente scolastico?"
Questi anni mi hanno dato tanta soddisfazione per diversi motivi. L’Istituto “Einaudi” ha delle grandi potenzialità e il numero degli iscritti è considerevole. La scuola ha funzionato e continua a funzionare e questa per me è stata una grossa soddisfazione. Ho lavorato con un team di docenti responsabili e dal livello professionale veramente alto, a partire dai più stretti collaboratori Daniela Brunelli, Maria Luisa Bianchi e Mariella Mastrini. Inoltre il rapporto con le famiglie: ancora oggi molti genitori mi vengono a trovare e mi ringraziano. Non posso ovviamente dimenticare il lavoro svolto dalla segreteria, sempre puntuale e ben organizzata dalla direttrice Breschi. Ricordo anche il buon rapporto con il personale ausiliario, caratterizzato da sincerità e apertura. Sono stati cinque anni importanti che hanno coronato la mia carriera scolastica, iniziata con l’amore per l’insegnamento. Sarei potuto restare nella scuola qualche anno in più, ma avevo bisogno di riacquistare la mia libertà per dedicare tempo a ciò che amo, come la natura e la lettura. Non posso dire di non avere però un po’ di rimpianti".
Lei è stato l’ultimo preside dell’”Einaudi”. Cosa pensa della scelta dell’accorpamento?
"Avevo già espresso le mie opinioni a riguardo, ma credo che l’accorpamento doveva essere fatto ed è stato fatto. Ora l’importante è valutarne le conseguenze. Secondo il mio punto di vista a risentirne è la vita quotidiana di un istituto, l’organizzazione interna. Ho svolto il mio ruolo di preside essendo presente tutti i giorni della settimana, a partire dalle otto di mattina. Oggi viene a mancare quella figura in grado di risolvere immediatamente un problema. Molto probabilmente anche gli studenti non sono soddisfatti in quanto sono coloro che ne risentono in prima persona".
Secondo lei come è cambiata la scuola, intesa in tutte le sue componenti, in questi anni?
"In questi ultimi anni le responsabilità sono diventate fortissime per un dirigente scolastico, che deve ormai comportarsi come un manager. Questo ostacola la su azione perché rimane comunque fondamentale visionare e coordinare la didattica, anche se io sono stato facilitato dal lavoro svolto in sinergia sia con i docenti sia con il corpo non docente. In questi anni, poi, ho tenuto moltissimo al colloquio con gli studenti e con le famiglie. La maggior parte degli alunni mi ha sempre ascoltato, facilitando il mio compito. La scuola cambia perché sono le persone che cambiano, ma non è sempre facile il confronto tra adulti e ragazzi. Se non si ama la scuola, i giovani e non ci si sente giovani non ci può essere nessun dialogo".
Un episodio che ricorda in particolare e che ci vuole raccontare?
"Di momenti da ricordare ce ne sarebbero tanti. In occasione della festa per il mio pensionamento è venuto fuori tutto l’affetto e la stima reciproci tra tutte le componenti della scuola. Non posso dimenticare, poi, il rapporto con alcuni ragazzi che avevano bisogno dell’insegnante di sostegno e la bellezza nel vedere quanto amore sono in grado di darti anche con un semplice abbraccio. Chiaramente ricordo anche con gioia e soddisfazione il risultato raggiunto questo anno perché abbiamo avuto quattro ragazzi usciti con la votazione di cento con lode, che sono stati premiati con un bonus di mille euro ciascuno. Si tratta di qualcosa di cui tutta la scuola deve andare fiera".
Mentre lei è stato docente all’Istituto agrario si sono susseguiti come dirigenti scolastici Gagliardini, Pasqualini e Ruggiano. Cosa direbbe loro in questo momento?
"Li ricordo ovviamente con tanto affetto e tanta stima. Gagliardini è stato il primo preside e ci lega ancora una forte amicizia perché non posso dimenticare cosa mi ha insegnato. Ho lavorato molto, poi, sia con Pasqualini che con Ruggiano. Con loro ho potuto svolgere il ruolo di vicario, in un clima di tranquillità e con una certa libertà d’azione. Per questo li ringrazio perché ho appreso davvero tantissimo. Da tutti ho cercato di capire cosa significhi essere un dirigente scolastico".
Se dovesse dare un consiglio al nuovo dirigente scolastico?
"Con Paolo Frongia siamo molto amici. Non mi sentirei di dirgli niente perché ci vediamo spesso e parliamo delle varie problematiche, considerata anche la specificità dell’Istituto Einaudi. Con molta lealtà ci confrontiamo su quella che è la realtà della scuola. C’è stata sempre – e continua ad esserci – piena armonia".
Di fronte ai cambiamenti che interessano anche oggi il mondo della scuola, cosa pensa che accadrà nel futuro? Cosa cambierà e cosa dobbiamo aspettarci?
"Credo che la scuola sia qualcosa di più della battuta del ritorno ai grembiuli. Il futuro dipende certamente dagli esiti della riforma prevista. Ci saranno delle grosse innovazioni anche se nutro delle perplessità sull’ampliamento delle classi di concorso perché verrebbe meno quella specificità del docente che, soprattutto oggi, deve essere pronto a rispondere alle domande degli alunni. La scuola non è solo un supporto, ma deve anche guidare i ragazzi nelle relazioni esterne. Ritengo inoltre importante recuperare alcune conoscenze che stanno venendo meno, come l’uso dell’italiano scritto e orale e la matematica. Molti ragazzi devono anche riacquistare lo spirito di sacrificio. Inoltre la scuola funziona se il docente fà il docente. Ciò che conta è sapersi raffrontare e parlare con i ragazzi: io li conoscevo tutti perché volevo capire quale fosse la situazione di ognuno.
In generale, poi, la scuola ha bisogno di risorse che si devono trovare per altre vie perché sempre meno sono stati i contributi nel corso degli anni. Speriamo che queste trasformazioni avvengano in maniera indolore anche in questo senso".