Condividi su facebook
Condividi su twitter
Nelle regioni centrali c'è resistenza a far conoscere la propria condizione di disagio al fine di difendere la propria dignità
mensa-caritas

In base alle testimonianze provenienti dalle delegazioni regionali Caritas, raccolte nel corso dei primi mesi del 2009, si evidenziano alcuni aspetti di tendenza della crisi economica che danno anche uno spaccato dell’Umbria e dei suoi abitanti:
Sono particolarmente colpite dalla crisi le famiglie monoreddito, giovani o giovani-adulte, anche con figli piccoli a carico, che basavano il loro reddito su lavori interinali, stagionali o a tempo determinato, a cui non sono stati riconfermati i contratti; i nuclei familiari con capofamiglia adulto o prossimo alla pensione; le famiglie disgregate (famiglie monoparentali, genitori separati, ecc.); le famiglie “normali” che si trovano costrette ad abbassare drasticamente il proprio tenore di vita, in quanto l’accumulo di debiti ed impegni economici assunto in tempi di relativa agiatezza non può essere più sostenuto; famiglie e singoli in situazione di povertà tradizionale e cronica, che non riescono a far fronte alle spese ordinarie per la sopravvivenza.
Nel Nord Italia, si tratta di una “povertà inattesa”, che si riflette soprattutto nell’esplosione della Cassa Integrazione, nel mancato rinnovo dei contratti a termine e di lavoro interinale, nella forte crescita dell’iscrizione al collocamento e alle liste di mobilità, nel calo delle assunzioni. Maggiormente colpiti sono i pensionati con reddito basso, le famiglie disgregate, in situazioni difficili, con genitori separati;
Nel Centro Italia si tratta invece di una “povertà discreta”, sommersa e dignitosa, tuttavia significativa nell’insieme di un territorio che, per diversi aspetti, era già in sofferenza da tempo. In tutte le regioni del Centro Italia sono comunque individuabili delle zone meno colpite dal fenomeno, o dove le tradizionali presenza di povertà non sembrano significativamente aumentate;
Nel Mezzogiorno, la crisi “piove sul bagnato
” e aggrava una situazione già compromessa. Nelle famiglie è sempre più forte l’angoscia per il futuro e soprattutto la mancanza di prospettive per i figli, “parcheggiati” nelle scuole e nelle università.
I segnali relativi al 2008 evidenziano un aumento delle persone che chiedono aiuto ai Centri di Ascolto della Caritas.
Secondo le informazioni dell’organizzazione, in tutta Italia, dal 2007 al 2008 si registrano incrementi medi di persone pari a circa il 20%, sia al nord che al sud. Alcuni esempi: alla fine del 2007, la Caritas diocesana di Potenza sosteneva 836 famiglie povere; un anno dopo, alla fine del 2008, le famiglie seguite sono diventate 1020, con un aumento del 22% nel giro di un anno. A Como, nel 2008, la Caritas diocesana ha erogato oltre 26 mila pasti, + 17% rispetto all’anno precedente.
Un ulteriore segnale di impoverimento si riferisce al forte aumento degli italiani presso i Centri di Ascolto. Ecco alcuni esempi: a Treviso, nel 2007, gli italiani che si rivolgevano alla Caritas per ottenere un sostegno economico o per avere un cestino di cibo rappresentavano poco più del 18%. Nel 2008 si è giunti alla quota del 22%. Nella diocesi di Termoli-Larino (Molise), in soli tre mesi (da novembre 2008 al gennaio 2009), gli italiani sono passati dal 42 al 59%. L’incidenza degli italiani aumenta in media del 10% (con punte molto forti nel Mezzogiorno);
Il Rapporto Caritas contiene i risultati di una indagine sulle “povertà sommerse”, cioè la tipologia delle  situazioni di povertà che non si rivolgono ai Centri di Ascolto Caritas e i motivi di tale scelta.
Si segnala l’assenza soprattutto degli italiani (48% degli operatori), degli anziani (17%), delle famiglie italiane “sovra indebitate” o vittime dell’usura (10,2%), delle persone in situazione di solitudine, dei malati psichici e dei tossicodipendenti (7,1%), delle situazioni di povertà estrema e assoluta (4,7%). Per poter intercettare tali situazioni è necessario uno sforzo congiunto di più soggetti del territorio e un potenziamento dei servizi domiciliari;
Le motivazioni più frequenti per cui non ci si rivolge alla Caritas (52,8%) sono di tipo psicologico: per “orgoglio”, “vergogna” o “dignità”. Sono atteggiamenti molto diffusi tra le “nuove famiglie povere”, che non accettano e riconoscono la situazione (spesso improvvisa) di povertà.
Per queste famiglie, la richiesta di aiuto è vista come l’ammissione di un fallimento, e la conferma che si è “scesi di un gradino” nella scala sociale. Si avverte quindi l’esigenza di una qualche forma di sostegno psicologico, in grado di sostenere e accompagnare le persone che stanno vivendo delle esperienze di disagio ed esclusione sociale (esistono già in Italia alcune esperienze di sostegno psicologico e motivazionale, presso alcuni Centri di Ascolto);
 

condividi su:

Condividi su facebook
Condividi su twitter