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Negli ultimi 20 anni sono andati distrutti 250 milioni di ettari di foreste tropicali, più di 8 volte l'estensione dell'Italia
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Le ultime analisi fatte su carote di ghiaccio estratte al polo sud hanno mostrato che durante l’ultimo periodo caldo interglaciale, circa 125 mila anni fa, la temperatura doveva essere circa 6°C più calda di quanto è oggi.
La ricerca è stata condotta da studiosi inglesi
del British Antarctic Survey (BAS), della Open University e dell’Università di Bristol..
Durante questo periodo caldo, il livello del mare doveva essere circa 5 metri più alto di oggi. Se fossimo in grado di determinare con precisione quanto la temperatura era più calda in passato nelle regioni polari, potremmo fare previsioni su quanto lo scioglimento dei ghiacci contribuirà in futuro all’innalzamento del livello dei mari, una delle conseguenza più temute, visti gli alti livelli demografici delle coste.
Una conseguenza che potrebbe essere più vicina di quanto ipotizzato perché nel mare artico lo scioglimento dei ghiacci della Groenlandia sembra avere assunto una progressione geometrica, tanto che una testata televisiva italiana, si spera equivocando, ipotizza un innalzamento dei mari fino a 70 metri
Solo in tempi recenti, circa diecimila anni fa, l’Antartide è diventato così come lo conosciamo noi e da allora non è cambiato molto, almeno fino ad oggi. Tutto questo non ci toglie dalla responsabilità che abbiamo nell’accelerazione di questi processi di cambiamento, che vanno solo a nostro svantaggio. Il cosiddetto “fattore antropico”, l’uomo che contribuisce all’innalzamento della temperatura, è confermato dagli ultimi studi dell’IPCC, l’International Panel on Climate Change.
E tra queste responsabilità c’è sicuramente che nel 2008 sono stati distrutti circa 1,3 milioni di ettari di foreste della sola foresta amazzonica brasiliana.
Ssecondo l’Istituto Nazionale brasiliano di Ricerche Spaziali (Inpe) i primi dati del 2009 segnalano che il fenomeno sta continuando con la stessa intensità.
Il fenomeno della deforestazione non riguarda soltanto l’Amazzoni, ma coinvolge con grande intensità anche Indonesia, Malesia, Congo e ogni paese tropicale.
Negli ultimi 20 anni infatti sono andati distrutti 250 milioni di ettari di foreste tropicali, più di 8 volte l’estensione dell’Italia
.I dati sono emersi nel corso della Giornata di studio sul degrado globale delle foreste promossa a Roma dall’Ispra.
Secondo dati Fao, il fenomeno interessa quasi 13 milioni di ettari l’anno e per l’85% è concentrata nei Paesi tropicali. Le foreste pluviali tropicali, è stato ricordato, sono un habitat importante per migliaia di specie migratorie e sostengono almeno il 50 % delle specie terrestri e un numero smisurato di culture indigene. Inoltre, esse immagazzinano fino a 200 tonnellate ad ettaro di carbonio nella sola biomassa, più di ogni altro tipo di foresta e, al tempo stesso, restituiscono una grande quantità di ossigeno.
E ancora. Secondo il Global Environment Outlook dell’Unep, ogni anno sono distrutti circa 6 milioni di foreste tropicali pluviali, con tendenze diverse da regione a regione: il Sud-Est Asiatico registra i maggiori tassi di deforestazione, seguito dall’Africa e dall’America latina ed almeno altri 2 milioni di ettari sono soggetti a gravi fenomeni di degrado.
Secondo un recentissimo studio del 10 novembre scorso condotto nella South Dakota State University, che utilizza immagini satellitari ad alta definizione, il 40 %delle foreste del Borneo indonesiano, pari a ben 21 milioni di ettari, un’estensione due terzi dell’Italia, sono state cancellate negli ultimi 15 anni.
Ed il primo imputato di questa catastrofe ambientale è il commercio illegale di legname.

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