Gli assessori all’Ambiente di 15 regioni italiane (Basilicata, Calabria, Emilia-Romagna, Umbria, Lazio, Puglia, Liguria, Marche, Piemonte, Molise e Toscana, Veneto, Campania, Sardegna e Sicilia) hanno impugnato per «incostituzionalità» il decreto legge 99/2009 sul ritorno al nucleare.
Gli assessori affermano che c’è stato «l’ennesimo vulnus al principio di leale collaborazione». In particolare, si lamenta lo scarso coinvolgimento degli Enti Locali nella scelta dei siti.
Poi, altri punti del documento lamentano «la mancanza di un Piano energetico nazionale», di «un deposito per le scorie (che ora si chiama parco tecnologico) pregresse presenti dall’86», la procedura Vas (Valutazione ambientale strategica) che «non tiene conto della localizzazione geografica» degli impianti, un ruolo «ambiguo» dell’Agenzia per la sicurezza nucleare«, le »misure compensative per le Regioni«, e in generale lo schema di decreto »non è assolutamente coordinato con la normativa vigente.
L’esito del ricorso è tuttavia incerto perché la Corte Costituzionale ha giudicato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale, basate sul vulnus al principio della leale collaborazione, sollevate da alcune Regioni sulla social card.
Le Regioni Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna, infatti, avevano sollevato eccezione di costituzionalità, ritenendo, tra l’altro, le norme istitutive della social card lesive delle competenze regionali in materia di politiche sociali, in particolare in merito ai requisiti di accesso che escludono i cittadini non italiani.
- Redazione
- 17 Gennaio 2010
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