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Contrazione anche dei consumi alimentari e quelli riferibili alle famiglie di chi ha perso il lavoro, ma Confindustria stima un aumento del Pil ( di chi?)
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Dati apparentemente contraddittori, ma spiegabili, sulla situazione economica italiana vengono da Istat e dal mondo delle imprese
Secondo l’organizzazione degli industriali l’economia italiana e’ fuori dalla recessione. Confindustria  stima per ”il 2010 e il 2011 un biennio di recupero “parziale’, con il prodotto interno lordo previsto in crescita all’1,2% per quest’anno e all’1,6% per il 2011.
Anche le PMI denunciano di ritenere difficile trovare nuovi lavoratori in un caso su quattro, anche se l’indagine Unioncamere potrebbe essere stata viziata dal desiderio di molti di precostituirsi alibi.
Sembra peraltro che le PMI da un lato ricerchino personale “di fatica” a basso costo e dall’altro vorrebbero trovare, a costi sempre bassi, personale già formato, tal da produrre immediatamente nel breve periodo dei contratti a tempo determinato che vorrebbero assegnare.
E forse per questo, nel terzo trimestre il tasso di disoccupazione dei giovani compresi tra 15-24 anni raggiunge il 28,8 per cento, con un massimo del 43,6 per cento per le donne del Mezzogiorno.

Se gli imprenditori cominciano a sorridere, tutti gli altri: lavoratori e consumatori piangono sempre più forte.
Il tasso di disoccupazione,infatti, nella media del primo trimestre,  secondo l’Istat è balzato al 9,1 per cento contro il 7,9 per cento nel primo trimestre 2009
.
Pur non potendo conteggiare gli scoraggiati che il lavoro non lo cercano più, nel primo trimestre il numero delle persone in cerca di occupazione raggiunge 2.273.000 unita’ (+291.000), con un aumento del 14,7 per cento rispetto al primo trimestre 2009.
Si tratta del peggior valore dal 2001, quindi significa che la crisi ha fatto fare un passo indietro di dieci anni per una parte consistente della società italiana. 
Ma messo a confronto questo ultimo dato con quello dell’aumento del Pil  si potrebbe concludere che  una quota di questo è conseguenza di una maggior produzione e produttività da parte dei lavoratori rimasti, che fanno fronte anche a quella prima assicurata da chi ha perso il lavoro.
Poiché i disoccupati e loro famiglie devono stringere la cinghia, le vendite al dettaglio accusano una flessione dello 0.5% su base annuale nel mese di aprile.
Soprattutto è decisa la flessione per i beni alimentari -2%. Tra i prodotti non alimentari, le peggiori performance per cartoleria, libri, giornali e riviste -1,5% e per l’informatica e telefonia -3,3%.
Buona la performance di Mobili, articoli tessili, arredamento +1,2% e per Elettrodomestici, radio, tv e registratori +1,2%.
Sorprendente, in tempo di crisi, ma evidentemente questa non è per tutti, l’andamento delle altre voci (orologeria e gioielleria) che registra la migliore performance con +1,4% e ciò testimonia l’allargamento della frattura sociale nel paese.

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