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Vari indizi confermano le affermazioni dell'on. Paola Binetti
lavoro-nero
Da una riflessione di Paola Binetti, coordinatore dell’UdC dell’Umbria, espressa in una nota inviata all’incontro-dibattito tenutosi a Spoleto su ”I Due Mondi del Lavoro” organizzato sotto l’egida dell’Udc e della Fondazione Liberal è  emerso che , con oltre il 12% l’Umbria supera Toscana (8,6%) e Marche (10%) per il lavoro sommerso.
L’Italia è una nazione con una altissima percentuale di lavoro sommerso rispetto i paesi OECD (tra il 27 ed il 30% a seconda delle stime)
ma al suo interno ci sono profonde differenze.

Ed in effetti già dai primi anni del nuovo secolo erano emersi vari indizi.
Primo indizio: la differenza tra reddito e consumo.
Pur considerando che in regime di "lavoro nero" prospero e crescente le statistiche ufficiali sui redditi e sui consumi soffrono di una evidente imprecisione, analizzando i dati italiani emerge che in molte provincie i consumi superano ogni anno i redditi e questo implica o un consumo di capitali accumulati (risparmio) oppure altre cose, come per esempio redditi nascosti.
E l’Umbria era nella zona “rossa”, che partiva al di sotto del Rubicone, dove il valore dei consumi era superiore a quello dei redditi dichiarati.

Secondo indizio: il rapporto tra imposizione diretta ed indiretta.

La differenza tra la pressione fiscale Indiretta (IVA, Bollo, Benzina) e Diretta (IRPEF, IRPEG) disegna una mappa che mostra l’insieme congiunto di questi fenomeni.
La logica è simile a quella del primo indizio dato che le imposte indirette sono collegate più che altro ai consumi e le dirette ai redditi.
Per cui bassa imposizione diretta = crescita economica ridotta, lavoro nero, evasione, consumi superiori o uguali ai redditi, trattamenti fiscali locali particolari .
E l’Umbria, pur non essendo in compagnia delle regioni meridionali, era sicuramente in una zona scura

Terzo indizio: il volume di lavoratori irregolari.
A fronte di una media nazionale del 15% si riscontrano, in base ai dati rilevati dall’ISTAT notevoli variazioni regionali.
In quattro  regioni del Nord la percentale oscilla tra il 10 ed il 13%, mentre in sei regioni del Sud supera il 20%, sfiorando in Calabria il 30%.
L’Umbria con il 16,6% superava largamente i valori di Toscana e Marche, oltre che il valore medio italiano

Quarto indizio: il consumo elettrico in rapporto al valore aggiunto prodotto dall’industria.
In alcune situazioni un consumo abnorme di energia elettrica è un indizio di una produzione industriale sommersa. Il metodo di stima del sommerso tramite i consumi elettrici è utilizzato nel mondo dove non è possibile usare quello denominato "currency demand", basato sul volume di trasferimenti monetari cartacei in relazione alla moneta elettronica ed indica un sommerso legato al secondario, piuttosto che ad attività terziarie. Può essere forse un indizio di obsolescenza degli impianti e di  perdite durante il trasporto ma la statistica mostra divari veramente notevoli che è difficile imputare a fattori di spreco.
Questo era il caso di
Sicilia, Basilicata, Sardegna e soprattutto Puglia al Sud ma anche di Liguria e FVG al Nord e Umbria al Centro.
Il valore nella nostra regione, superiore alla media nazionale, risultava doppio rispetto alle Marche e circa un terzo superiore a quello toscano

Quinto indizio: micro criminalità e criminalità organizzata.
Poichè una definizione estesa di "lavoro nero" comprende sia le attività legali condotte in evasione di imposte e contributi (attività che potrebbero quindi in futuro "emergere") e sia le attività illegali (che per definizione non possono emergere e diventare legali) è importante vedere dove si concentrano le attività illegali rispetto al territorio e rispetto alle attività di lavoro sommerso. La distinzione tra microcriminalità e criminalità organizzata è significativa in quanto la prima si ritiene che non produca valore aggiunto (e quindi PIL, anche se "nero") perché si tratterebbe praticamente di una ridistribuzione della ricchezza (come è il furto semplice) ma non di una produzione di reddito.
Nel secondo caso invece con la criminalità organizzata entrano in gioco organizzazioni anche complesse che di fatto sono intese come vere e proprie attività che producono valore aggiunto (per esempio con la ricettazione su vasta scala, la produzione e commercio di stupefacenti, la gestione di appalti, la costruzione di abitazioni abusive) anche se sono attività illegali.
Qui va meglio per l’Umbria dove la microcriminalità superava quella organizzata anche se quest’ultima mostrava valori superiori a quelli delle Marche  ed inferiori a quelli della Toscana
 

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