Luisa Todini, presidente di Fiec e di Todini Costruzioni Generali (Gruppo Salini), intervenendo al Forum «Italy and Africa Partners in Business» in corso a Roma, ha indirizzato lo sguardo sul continente africano che «rappresenta ancora soltanto il 3% del mercato mondiale delle costruzioni, e l’8,2% del fatturato totale prodotto all’estero dai contractor europei».
«L’Africa paga ancora l’alto prezzo di infrastrutture inadeguate, obsolete e poco sicure, non in grado di far fronte alla costante crescita della domanda interna, e di tariffe per i servizi di base tra le più alte del mondo, in particolare nel settore energetico e idrico.
L’Unione Europea – dice la Todini – ha rafforzato il proprio impegno per aumentare la cooperazione in settori chiave per lo sviluppo, tra cui le infrastrutture, attraverso la Partnership Strategica lanciata nel 2007, e l’interesse europeo per l’Africa è in crescita: nel 2008, il valore dei nuovi lavori acquisiti dai contractor europei nel continente è stato di 15 miliardi di euro» L’imprenditrice ha poi sottolineato che «il settore privato è pronto, ma occorrono incentivi da parte dei governi locali e delle istituzioni finanziarie internazionali.
Servirebbero nuove formule di partenariato pubblico privato, più flessibili e in grado di distribuire il rischio tra contractor, governi e organizzazioni multilaterali».
Todini individua tra le cause della ancora scarsa presenza europea in Africa da una parte il progressivo passaggio della cooperazione internazionale dal «Project aid», l’aiuto finalizzato alla realizzazione di un progetto, al «Budget support», il sostegno al bilancio dei Governi, che ha provocato la decentralizzazione delle procedure con rischi maggiori per le imprese, inefficienze e minori controlli; dall’altra l’aumento delle imprese provenienti dai Paesi emergenti, Cina in testa, che operano al di fuori delle regole Ocse.
«Le imprese cinesi di costruzioni, per la maggior parte di proprietà pubblica, hanno raggiunto in soli 10 anni il primo posto mondiale per fatturato ottenuto in Africa, aggiudicandosi numerosi contratti finanziati dalla Banca Mondiale» ha sottolineato Todini «operando spesso in condizioni di dumping economico, sociale ed ambientale, contrariamente alle aziende europee ed italiane che hanno sempre dato dimostrazione di operare sul continente africano nel pieno rispetto dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente, facendo ricorso in grande maggioranza a manodopera e fornitori locali, favorendo in tal modo anche la diffusione di know-how».
Le procedure di gara, ha concluso Todini, «devono privilegiare criteri di aggiudicazione basati sulla performance complessiva anzichè soltanto sul prezzo più basso».