Mentre in Umbria si è arrivati alle “guerre puniche” sulle linee guida per l’aborto con la pillola RU486, nella sostanza la disputa è tra il ricovero in day hospital e quello ordinario, dal Vaticano la questione è rimessa nei giusti termini.
In Umbria, nonostante che anche dal versante cattolico vengono segnali che invitano a non fare delle linee guida una questione dirompente, tra i politici il clima si è fatto rovente.
E la materia del contendere, anziché concentrarsi sulle azioni da intraprendere, affinchè vi sia un concepimento responsabile, che eliminerebbe alla radice il “problema” dell’aborto, si dilunga su aspetti medici in qualche misura inutili, in quanto i sanitari comunque decideranno sulle informazioni da dare alle pazienti in “scienza e coscienza” e quest’ultime potranno decidere in piena libertà sul proseguimento del ricovero o meno.
“La Giunta regionale non può avere maggiore autorevolezza rispetto al Ministero della Salute. Pertanto si attenga alle linee di indirizzo dettate dal Consiglio Superiore della Sanità che, per la somministrazione della pillola abortiva RU486, prevedono il ricovero ospedaliero”. È quanto chiedono all’Esecutivo regionale, attraverso una mozione, i gruppi consiliari del Pdl, Lega nord e Udc.
Questo perchè, come recita il parere del Consiglio Superiore di Sanità del 18 marzo 2004, ‘alla luce delle conoscenze disponibili, i rischi dell’interruzione farmacologica di gravidanza si possono considerare equivalenti ai rischi dell’interruzione chirurgica, solo se l’interruzione di gravidanza avviene in ambito ospedaliero’e perchè, come recita l’ultimo parere, il Css ‘ritiene necessario, al fine di garantire il rispetto della legge ‘194/78’ su tutto il territorio nazionale, che il percorso dell’interruzione volontaria di gravidanza medica avvenga in regime di ricovero ordinario fino alla verifica della completa espulsione del prodotto del concepimento’.
Dall’altra parte, il capogruppo regionale di Rifondazione comunista-Fed. Sin.,Damiano Stufara, sostiene che “Pdl, Lega e Udc vorrebbero tenere le donne in ospedale con un ricovero ordinario, mentre in tutta Europa le donne possono tornare a casa, se stanno bene, e tornano in ospedale solo il terzo giorno”.
Inoltre a giudizio del capogruppo regionale di Rifondazione comunista, la Giunta regionale umbra e l’assessore alla sanità Riommi stanno portando avanti “un percorso opposto, che vede un tavolo tecnico regionale impegnato a completare il lavoro di redazione dei protocolli e delle procedure per l’uso dell’aborto medico, i cui orientamenti prevederanno il regime di ricovero in day-hospital, evitando i ricoveri coatti a cui vorrebbero costringerci le nuove disposizioni ministeriali.
La Regione Umbria –conclude Stufara – resisterà come l’Emilia Romagna e la Puglia, che hanno confermato la possibilità di ivg medica in day hospital.”
Ma la vera questione è un’altra ed il pronunciamento vaticano, che dell’uso della pillola abortiva ne fa solo un esempio di una questione più complessa, fa capire che il campo di battaglia scelto dalle forze politiche è probabilmente sbagliato e che comunque la battaglia che si sta combattendo è una di quelle che si fanno solo per contenere gli effetti di una sconfitta.
E sarebbe veramente una disfatta se il concepimento dovesse diventare una questione di nessuna importanza da affrontare a cuor leggero per cui, dopo, abortire diventasse «come prendere un caffè».
In questo caso ci sarebbe sì, come afferma il neo presidente della pontificia Accademia della Vita- mons Garrasco -«un fenomeno drammatico di completa cancellazione della sensibilità morale quando si trattava di abortire» ma solo come conseguenza di una insensibilità morale quando si tratta di concepire.
Ed allora è su questo che occorrerebbe concentrare, forse, le attenzioni che potrebbero anche essere unanimi.