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Indagine del sito web Studenti. it su un mondo del lavoro giovanile che poggia sulla sabbia: il precariato cronico
precariato

Il sito web Studenti.it ha provato a fare il punto sulla precarietà lavorativa, chiedendo ai giovani di raccontare le loro storie.
Ed i dati che sono usciti fuori sono così sconsolanti che il sito web sintetizza la situazione con:
il precariato non è più solo un periodo necessario per l’inserimento lavorativo, ma è diventato una condizione permanente. È la situazione dei precari cronici, quelli che non riescono più nemmeno ad intravedere il miraggio di un’assunzione.
Riguarda i dipendenti della pubblica amministrazione, gli insegnati, i ricercatori, ma sempre più anche i lavoratori di aziende private, dove abbondano i contratti atipici usati impropriamente, come il contratto a progetto per situazioni in cui il lavoratore non progetta un bel nulla perché è un semplice dipendente che svolge mansioni subordinate, cioè che un qualche superiore gli dice di svolgere”.
Questi i dati che si commentano da soli e che evidenziano il galoppo della “sindrome cinese”: il 22%  degli interpellati ha risposto di avere un contratto a scadenza, ma ben il 22% ha risposto di lavorare in nero, senza nessun contratto, mentre un altro 12% è inquadrato come stagista.
E se un 20% può vantare l’agognato contratto a tempo indeterminato, il 19% lavora a progetto, un altro 4% con un contratto di consulenza, mentre il 2% ha un contratto di formazione.
E questi sono i così detti fortunati a confronto di quelli che un lavoro non ce l’hanno: il tasso di disoccupazione giovanile, infatti, in Italia, supera il 26%: 6 punti più della media europea (dati Eurostat). E nel Mezzogiorno un giovane su tre è senza lavoro.
In un libro appena pubblicato da Laterza a firma di Marco Iezzi e Tonia Mastrobuoni "Gioventù sprecata. Perché in Italia si fatica a diventare grandi" si evidenzia, come scrive studenti.it, che “due ragazzi su tre entrano nel mondo del lavoro con un contratto a scadenza, «e rimangono impigliati in una di queste numerosissime (ormai sono una quarantina) tipologie di lavoro a tempo, con scarse protezioni, senza scatti di stipendio, senza prospettive concrete di carriera e spesso sottoutilizzati rispetto alle loro qualifiche». È il pantano dei lavori atipici, da cui molto difficilmente si riesce a uscire. Tanto che, sempre secondo il saggio citato, sotto i 40 anni solo uno su tre riesce a conquistarsi subito un contratto a tempo indeterminato.
 «Quasi sei lavoratori su dieci sotto i 35 anni hanno un lavoro a tempo oppure un part time. Mentre se si va oltre la soglia dei 35, la statistica si rovescia: sette persone su dieci hanno un’occupazione stabile», riporta il saggio di Iezzi e Mastrobuoni.
Una situazione che non solo sta impoverendo le generazioni più giovani ma che prospetta inquietanti conseguenze anche per il futuro: queste persone avranno una pensione da miseria.

Filomena Trizio, segretaria generale della Nidil, la sezione della Cgil specifica per il lavoro "atipico", intervistata dal sito degli studenti, ha affermato che «Lo stesso presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua nei giorni scorsi ha avuto modo di dire, in maniera quasi provocatoria, che se il suo istituto rivelasse ai lavoratori parasubordinati quali sono le proiezioni sulle loro pensioni si rischierebbe un “sommovimento sociale”»
«Tutti i parasubordinati, se restano tali, percepiranno una pensione ridicola, per molti addirittura al di sotto dell’assegno sociale», ha concluso Filomena Trizio.
Ed i commenti che il sito ha ricevuto sono drammatici, ben più di quanto percepiscano le istituzioni in tutt’altre faccende affaccendate.
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