Per le coppie a rischio di avere un figlio affetto da talassemia, anticipare i risultati al secondo mese, consente di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) e non all’aborto terapeutico, con un beneficio per la donna sia fisico che emotivo.
Lo Studio, che sarà a breve pubblicato sul British Journal of Haematology, è stato compiuto nell’arco di 3 anni su 111 gravidanze a rischio talassemia: in un solo caso le cellule presenti prelevate non sono state sufficiente per la diagnosi, negli altri 110 casi i risultati sono stati sempre confermati dalle amniocentesi di controllo.
La celocentesi ha dunque dimostrato di poter dare risultati certi al cento per cento e già dal 2° mese di gravidanza, uno prima della villocentesi: è questo il principale, ma non unico vantaggio.
Il prelievo avviene, infatti, attraverso la vagina, senza dover perforare sacco amniotico e placenta, in poche parole senza più ago nel pancione e con ridotti rischi di provocare malformazioni al feto.
Dallo studio si sta partendo per cercare di realizzare anche un trapianto in utero.
Inoltre si conta di poter applicare la celocentesi anche a malattie come la sindrome di Down o la Fibrosi Cistica.
Lo studio, effettuato all’Ospedale V. Cervello di Palermo da un’equipe guidata da Aurelio Maggio, direttore di Ematologia II, e svolto con la collaborazione del ginecologo greco George Makrydimas, è stato finanziato, infatti, dalla Fondazione Franco e Piera Cutino Onlus,organizzazione creata in ricordo della sorella morta a causa della talassemia, supportata per la presentazione e diffusione della notizia da una importante azienda farmaceutica italiana, Chiesi farmaceutici.